Testimoniare l’esperienza di essere salvati. Omelia nell’ordinazione presbiterale dei diaconi José Ambrosio Martín Valadez e Alfonso de Jesús Pérez Arango. Cattedrale di Albano – 25 marzo 2017

25-03-2017
Testimoniare l’esperienza di essere salvati
Omelia nell’ordinazione presbiterale dei diaconi
José Ambrosio Martín Valadez e Alfonso de Jesús Pérez Arango

 
1. Giovanni lo aveva già scritto nelle prime battute del suo vangelo: «veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (1,9). Nel racconto che abbiamo ascoltato lo ha ripetuto: Gesù è la luce del mondo e noi abbiamo potuto osservare come pian piano questa luce sia entrata nella vita di un uomo e l’abbia tutta pervasa. In un suo famoso discorso sant’Agostino lo chiamerà: cieco illuminato (In Io. ev. tr. 44,1). Userà per lui un titolo battesimale. Proprio questo, infatti, accade in ciascuno di noi nel Battesimo: quel lavacro, come ci spiega pure il Catechismo della Chiesa cattolica, è chiamato illuminazione: «Poiché nel battesimo ha ricevuto il Verbo, “la luce vera che illumina ogni uomo” (Gv 1,9), il battezzato, dopo essere stato “illuminato”, è divenuto “figlio della luce” (Veglia pasquale, benedizione dell’acqua battesimale) e “luce” egli stesso (Ef 5,8)» (n. 1216).
Torniamo, però, a considerare, l’illuminazione del cieco nato. All’inizio, a quanti gli chiedevano dove fosse quello che lo aveva guarito, egli rispondeva: «Non lo so». Quando, poi, alcuni dei farisei gli domandarono: «Tu cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?», lasciò una sua prima opinione: «È un profeta!». Più avanti, quando investito dalla polemica sarà di nuovo provocato a dare una risposta, quello che era stato cieco insisterà: chi mi ha donato la vista è certamente uno che viene da Dio. Alla fine darà la sua piena professione della fede: credo, Signore!
Cosa ha incoraggiato il cieco nato in questa progressione? Com’è passato gradualmente dall’ignoranza alla certezza? Cerchiamo la risposta a queste domande perché anche noi dobbiamo fare lo stesso percorso: come a lui, difatti, la nascita nel seno di nostra madre non ci dà occhi sufficienti per vedere la luce di Dio. Abbiamo bisogno di lavarci in quella piscina, di cui l’evangelista ci ha spiegato il nome: «Siloe, che significa Inviato». Sant’Agostino, facendo notare che questo è un titolo di Cristo, spiegherà che Cristo illuminò quell’uomo battezzandolo in se stesso (cfr In Io. ev. tr. 44,2). Qual è stato, allora, il suo punto d’appoggio; quale bastone ha accompagnato il cieco nato nel cammino sì da uscire dal buio ed entrare in piena luce?
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