Puoi darmi i tuoi peccati. Omelia nel 2° pellegrinaggio giubilare diocesano, Santuario della Madonna del Divino Amore, 22 ottobre2016

22-10-2016
Puoi darmi i tuoi peccati
Omelia nel 2° pellegrinaggio giubilare diocesano

1. Il primo pellegrinaggio diocesano di questo Giubileo Straordinario della Misericordia l’abbiamo compiuto il 20 febbraio scorso al Santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza e lì ci siamo posti sotto la Croce per essere inondati dal sangue di Cristo, che è misericordia. Ci sono stati, poi, gli otto pellegrinaggi dei Vicariati presso la nostra Cattedrale. Oggi, infine, compiamo il secondo pellegrinaggio, che stamane ci ha portati all’incontro col Papa e ora ci vede raccolti in questo Santuario, per domandare l’aiuto della Madre del Divino Amore. Lei non cessa di proclamare «la misericordia di generazione in generazione». Del mistero della misericordia divina lei «ne sa il prezzo e sa quanto sia grande» (Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Dives in Misericordia, n. 9).
Volgiamo, dunque, alla Santa Madre di Dio il nostro sguardo e indirizziamo a lei la nostra preghiera: «Madre di misericordia, a te ricorriamo, a te sospiriamo: rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi» (cf. ant. Salve Regina). E ora, incoraggiati da questa Madre, come il peccatore del racconto evangelico rivolgiamoci al Padre celeste e diciamogli con fiducia: «O Dio, abbi pietà di me peccatore» (Lc 18, 13).
Vorrei che quest’invocazione ciascuno di noi la ripetesse durante l’Omelia, ciascuno nel proprio intimo, come una litania che prolunga l’atto penitenziale. Ognuno ci provi, allontanando ogni distrazione, ogni ansia e ripeta: Signore, abbi pietà di me. Kyrie eleison. Di un padre del deserto si racconta che per quarant’anni sua preghiera fu questa sola frase: «Io essendo uomo ho peccato; tu, invece, che sei Dio, perdonami». Isacco di Ninive commenta: «quest’unica preghiera fu la sua liturgia, notte e giorno» (cf. Serie alfab. Apollo 2; Isacco di Ninive, Un’umile speranza, Qiqajon 1999, 161).
 
2. Perseverando in questa pace, consideriamo i due personaggi di cui il Vangelo ci ha detto che salirono al tempio a pregare (cf. Lc 18, 1-14). Identico è il gesto e simile l’intenzione, ma quanto diverso è il modo. Facciamo attenzione alle loro parole, perché anche noi siamo venuti qui a pregare! Uno accarezza se stesso e fa un autoritratto; l’altro, invece, fa violenza a se stesso e si batte il petto. Il primo è chiuso nel suo «cerchio magico»; l’altro, al contrario, è decentrato e proiettato fuori se stesso; uno non ha mai sbagliato nella vita; l’altro, all’opposto, dichiara fallimento totale.
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