Omelia nel I anniversario del vescovo Armando Franco

15-12-1998

1. Un anno di distanza non ha attenuato l'impressione di dolore e di sgomento, che colse questa Chiesa di Oria, insieme con tutti coloro che lo amavano e lo stimavano, per la morte, inattesa e improvvisa del vescovo Armando Franco. Il tempo dell'Avvento, ora già a metà del suo corso, ci ha fatto riascoltare la parola di Gesù: 'Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà... State pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà' (Mt 24, 42.44). Sono parole che valgono per l'intera storia umana, ma che hanno pure il loro valore per la storia di ognuno di noi. Così è stato, pure per il nostro vescovo Armando.

Il Padre celeste, signore della vita e della morte, l'ha improvvisamente chiamato a Sé mentre era ancora impegnato nel generoso servizio per la crescita di questa Chiesa. E se pure, obbediente come sempre alla disciplina ecclesiastica, per il compimento dei settantacinque anni d'età aveva presentato al Santo Padre la rinuncia dal governo della Diocesi (cf. CIC c. 401,1), non per questo gli erano venuti meno lo zelo nell'adempimento del proprio ministero e il fiducioso affidamento alla volontà di Dio.

I motivi per i quali Iddio benedetto lo scorso anno chiamò a Sé il vescovo Armando apparvero allora - e tuttora rimangono - incomprensibili agli occhi degli uomini. La Chiesa oritana ripeté, allora, le parole della Chiesa intera nel giorno del venerdì santo: recessit pastor noster... Oggi, diradatesi le nebbie del primo turbamento, essa vede con maggiore chiarezza che quelle furono ragioni d'amore e di misericordia, perché Dio, come ha detto qualcuno, non turba mai la gioia dei suoi figli senza riservarne per loro una più grande. Mentre toglie, il Signore conserva e, al tempo stesso che sottrae la presenza fisica di una persona assai cara, la ridona in una dimensione più vera e più grande.

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