In discernimento come i pastori

Omelia nella Notte di Natale 2018
25-12-2018
  1. Poco fa, seguendo la tradizione, al canto del Gloria ho scoperto l’immagine di Gesù bambino collocata nel presepio. Considerando questo gesto ho ricordato alcuni riti natalizi, che forse si usano ancora nelle famiglie cristiane. Nei giorni precedenti il Natale, nelle case si preparava il presepio e poi, la sera della vigilia, si affidava al più piccolo d’età l’onore di deporre il Bambino nella culla. Era giusto fosse così, perché tutto, davanti al mistero della Natività, doveva respirare purezza, innocenza, candore. E, difatti, la prima terra su cui, quando si è fatto uomo, ha messo i piedi il Figlio di Dio, è stato il grembo di una Vergine; ad avvolgerlo nelle fasce e sistemarlo in una mangiatoia sono state le sue mani purissime e quelle del suo sposo, Giuseppe. Tutto questo è un segno per dirci che, per avverarsi ancora oggi, il Natale del Signore ha bisogno del cuore aperto e disponibile dell’uomo.

Uno dei tanti aforismi spirituali di un mistico tedesco del sec. XVII dice così: «Se pure Cristo dovesse nascere mille volte a Betlemme, ma non in te: sei perduto per sempre» (A. Silesius, Il pellegrino cherubico I, 61). S’ispirò a lui il nostro G. Papini in una poesia sul Natale: «Anche se Cristo nascesse mille e diecimila volte a Betlemme, a nulla ti gioverà se non nasce almeno una volta nel tuo cuore». La poesia s’intitola 25 dicembre 1955. Sia lui, sia il Silesio, di cui è la prima citazione, furono, benché percorrendo vie diverse, dei convertiti. Anch’io, questa notte, desidero rileggere prospettiva di conversione il passo del vangelo, che abbiamo insieme ascoltato: «C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge» (Lc 2,8). I pastori, dunque.