Celebriamo oggi, carissimi, la solennità dell'Ascensione. È un mistero che potremmo considerare sotto un duplice aspetto: ciò che esso significa per il Signore Gesù e quello che vuol dire per noi.
Per Gesù, questo mistero indica la sua glorificazione piena. «Ascende il Signore», abbiamo acclamato nel Salmo responsoriale. Ascoltiamo allora le espressioni con le quali Sant'Agostino salutava questa festa. Sono davvero ricche di pathos: «Innalzati [o Cristo]; tu che fosti chiuso nel grembo di una madre; tu che sei stato formato in colei che tu stesso hai fatto; tu che sei stato adagiato in una greppia; tu che hai succhiato dal suo seno come un qualunque bambino; tu che, mentre reggi il mondo, eri sorretto da tua madre; tu di cui il vecchio Simeone vide la piccolezza ma lodò la potenza; tu che la vedova Anna vide poppante e riconobbe onnipotente; tu che hai avuto fame per noi, hai avuto sete per noi, ti sei stancato nel cammino per noi, (ma può il pane aver fame, la fonte aver sete, la via stancarsi?); tu che tutto questo hai sopportato per noi, tu che hai dormito e tuttavia non ti addormenti, custode d'Israele; tu infine che Giuda vendette, i Giudei comprarono ma non possedettero; tu che sei stato preso, legato, flagellato, coronato di spine, sospeso alla croce, trafitto dalla lancia; tu che sei morto e sei stato seppellito: Innalzati sopra i cieli, Dio! Innalzati - dice il Salmo - innalzati sopra i cieli, perché sei Dio. Ora siedi in cielo tu che sei stato appeso alla croce. Ora sei atteso come giudice venturo, tu che dopo essere stato atteso fosti giudicato» (Sermo 262, 4, 4: PL 38, 1208). Ecco, allora, il mistero che stiamo celebrano: Colui che è disceso ora è salito al cielo.
Nulla, però, è avvenuto in Cristo, che non lo sia anche per noi. Tutto quello che noi diciamo del Signore Gesù, lo riconosciamo per la nostra salvezza. Gesù è il nostro Salvatore. Anche per questo mistero noi possiamo dire che «in principio Egli disceso per renderci partecipi della sua natura divina ed ora, alla fine, è asceso per renderci partecipi della sua gloria (Ivo di Chartres, Serm. 19: PL 162, 591). Per questa ragione, nella preghiera Colletta la Chiesa ci ha subito invitato ad esultare, perché nel Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto al Padre. L'idea è tratta da un discorso di San Leone magno, il quale usa il termine latino: provectio, che vuol dire «spinta in avanti», quasi una «promozione» (cfr Sermo 73,4: PL 54,396: Christi ascensio, nostra provectio est). Nelle nostre case questa parola è significativa: ad esempio quando un figlio è promosso a scuola, quando una figlia ha superato un concorso, quando sul posto di lavoro c'è un avanzamento ' Ecco: in Cristo asceso al cielo siamo tutti «promossi»!
In coincidenza con questa festa liturgica, noi oggi concludiamo il cammino della Visita Pastorale in questo Vicariato di Nettuno. Come tutti i percorsi terreni, anche questo ha avuto i suoi momenti di fatica e gli altri d'incoraggiamento. Non ho veduto, è vero, solo cose positive; in alcuni contesti avrei desiderato di meglio e di più. Ma la Visita Pastorale è fatta per questo: per poterci riconoscere nella verità, aiutare, incoraggiare. Sono, allora, grato a tutti voi, sacerdoti e fedeli, specialmente operatori pastorali e componenti i Consigli parrocchiali, per il servizio che rendete alla Chiesa di Dio e per la generosità con cui lo fate. Insieme con i miei carissimi Convisitatori, ringrazio pure i «cirenei», ossia gli amici che mi hanno accompagnato nei trafficati percorsi da Albano a Nettuno e viceversa! Anche questo essere compagni di viaggio è sinodalità.
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