04-04-2015
1. Il racconto del Vangelo di Marco, che abbiamo ascoltato come culmine delle tante letture bibliche di questa Veglia, è popolato dalle tre donne che portano gli aromi e dal giovane vestito di bianco, seduto sulla destra del sepolcro. Le prime parlano fra loro in forma dubitativa: «Chi ci farà rotolare via la pietra allingresso del sepolcro?». Il giovane, al contrario, si esprime in tono rassicurante: reca un annuncio e dà un incarico per i discepoli e Pietro, in particolare. Quanto a Gesù, è rievocato nei parametri essenziali del suo mistero: è stato crocifisso, è risorto. Egli, però, non cè. Non perché sia andato via, ma perché è andato avanti (cfr Mc 16,7).
Questo comportamento del Risorto potrebbe, in principio, lasciarci perplessi. Che bisogno ha di «mandare a dire» delle cose? Non può farlo direttamente? Ora che è nella condizione di risorto, quale spazio e quale tempo possono condizionarlo? Se davvero è affezionato a questi suoi amici (li chiamava proprio così: amici, cfr Lc 12,4; Gv 15, 14-15), perché non incontrarli subito? Perché sottrarsi ancora allo sguardo? E invece Gesù «lo manda a dire» con tre donne, che non è più nel sepolcro. Levangelista Luca ci avverte che le loro parole parvero ai discepoli «come un vaneggiamento e non credevano ad esse» (24,11). Lavesse fatto con tre angeli, avrebbe ottenuto un effetto migliore!
In tutto questo cè, invece, una pedagogia divina: Gesù vuole insegnarci chè proprio nellannuncio tra fratelli e sorelle che passa la fede. Luca, che ha vivo il senso della storia, così racconta dei due di Emmaus: «fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!. Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come lavevano riconosciuto nello spezzare il pane» (Lc 24, 33-35). Ecco persone che si testimoniano luna laltra lincontro con Cristo. «Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi» (1Gv 1, 3). Così vive la Chiesa.
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Questo comportamento del Risorto potrebbe, in principio, lasciarci perplessi. Che bisogno ha di «mandare a dire» delle cose? Non può farlo direttamente? Ora che è nella condizione di risorto, quale spazio e quale tempo possono condizionarlo? Se davvero è affezionato a questi suoi amici (li chiamava proprio così: amici, cfr Lc 12,4; Gv 15, 14-15), perché non incontrarli subito? Perché sottrarsi ancora allo sguardo? E invece Gesù «lo manda a dire» con tre donne, che non è più nel sepolcro. Levangelista Luca ci avverte che le loro parole parvero ai discepoli «come un vaneggiamento e non credevano ad esse» (24,11). Lavesse fatto con tre angeli, avrebbe ottenuto un effetto migliore!
In tutto questo cè, invece, una pedagogia divina: Gesù vuole insegnarci chè proprio nellannuncio tra fratelli e sorelle che passa la fede. Luca, che ha vivo il senso della storia, così racconta dei due di Emmaus: «fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!. Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come lavevano riconosciuto nello spezzare il pane» (Lc 24, 33-35). Ecco persone che si testimoniano luna laltra lincontro con Cristo. «Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi» (1Gv 1, 3). Così vive la Chiesa.
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