Lettera al clero diocesano e religioso per la quaresima, 11 febbraio 2016

Carissimi fratelli Sacerdoti,
all’inizio del cammino dei quaranta giorni verso la Pasqua, ricordiamo quanto si legge nella bolla Misericordiae Vultus: «La Quaresima di questo Anno Giubilare sia vissuta più intensamente come momento forte per celebrare e sperimentare la misericordia di Dio». Ciò riguarda in prima persona ogni sacerdote, che Francesco indica con insistenza come «vero segno della misericordia del Padre» (n. 17).
Del ministero della confessione ho già trattato, a suo tempo, con la lettera pastorale Dalla parte del Padre del 2010. Una parte di quanto lì è scritto, la trovate ripresa e attualizzata nella lezione che alcune settimane or sono ho tenuto al clero della Diocesi di Trieste sul tema Il Sacramento della Misericordia. Ora è pubblicata sul nostro sito diocesano. Una lettura potrebbe esservi utile. Ieri, poi, ho potuto concelebrare la Santa Messa presieduta dal Papa all’altare della cattedra in San Pietro. Nella sua Omelia Francesco è tornato sull’esercizio di questo ministero. Ne trascrivo alcune espressioni:
vorrei parlare a tutti i confessori, specialmente in quest’Anno della Misericordia: il confessionale è per perdonare. E se tu non puoi dare l’assoluzione – faccio questa ipotesi – per favore, non “bastonare”. La persona che viene, viene a cercare conforto, perdono, pace nella sua anima; che trovi un padre che lo abbracci e gli dica: “Dio ti vuole bene”; e che lo faccia sentire! […]. Ci sono tanti linguaggi nella vita: il linguaggio della parola, anche ci sono i linguaggi dei gesti. Se una persona si avvicina a me, al confessionale, è perché sente qualcosa che gli pesa, che vuole togliersi. Forse non sa come dirlo, ma il gesto è questo. Se questa persona si avvicina è perché vorrebbe cambiare, non fare più, cambiare, essere un’altra persona, e lo dice con il gesto di avvicinarsi. Non è necessario fare delle domande: “Ma tu, tu…?”. Se una persona viene, è perché nella sua anima vorrebbe non farlo più. Ma tante volte non possono, perché sono condizionati dalla loro psicologia, dalla loro vita, dalla loro situazione […].
Raccogliamo con cura questa raccomandazioni del Papa. A me rimane la convinzione che la forma migliore per incoraggiare i fedeli a celebrare il Sacramento della Penitenza sia non tanto il parlarne, quanto la presenza del sacerdote nel confessionale. Diceva Benedetto XVI: «Cari confratelli, è necessario tornare al confessionale, come luogo nel quale celebrare il Sacramento della Riconciliazione, ma anche come luogo in cui abitare più spesso, perché il fedele possa trovare misericordia, consiglio e conforto, sentirsi amato e compreso da Dio e sperimentare la presenza della Misericordia Divina, accanto alla Presenza reale nell’Eucaristia» (Messaggio alla Penitenzieria, 11 marzo 2010).
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11-02-2016