Labbiamo attesa, questa Enciclica, ma bisognava davvero aspettarla. Quod erat in votis e sicut erat in votis, avrebbe detto il poeta latino Orazio. Ce lo fa intendere lo stesso Francesco nelle prime pagine del suo nuovo documento, quando ricorda la scelta del nome del Poverello di Assisi: «Ho preso il suo nome come guida e come ispirazione nel momento della mia elezione a Vescovo di Roma. Credo che Francesco sia lesempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità. È il santo patrono di tutti quelli che studiano e lavorano nel campo dellecologia, amato anche da molti che non sono cristiani» (n. 10). Daltra parte lo aveva già detto rivolgendosi ai rappresentanti dei media il 16 marzo 2013, a soli tre giorni dalla sua chiamata alla Cattedra di Pietro. Disse: «Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco dAssisi. Poi, ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è luomo della pace. E così, è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco dAssisi. E per me luomo della povertà, luomo della pace, luomo che ama e custodisce il creato; in questo momento anche noi abbiamo con il creato una relazione non tanto buona, no? ».
NellOmelia del 19 marzo 2013 per il solenne inizio del ministero petrino parlò ancora della vocazione del custodire e del prendersi cura e in quel contesto aggiunse: «La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. E il custodire lintero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco dAssisi: è lavere rispetto per ogni creatura di Dio e per lambiente in cui viviamo».
Sono parole, tutte queste, che rivelano immediatamente la sensibilità e lattenzione del Papa ai temi di una relazione sana col creato e la responsabilità delluomo di custodire quella che nellenciclica è subito chiamata «In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo lesistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: « Laudato si, mi Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba» (n. 1).
Potremmo anche spingere lo sguardo indietro verso il periodo dellepiscopato a Buenos Aires. Si fermerà, ad esempio, sul Messaggio alle Comunità Educative della Pasqua 2007 (18 aprile 2007) dove J. M. Bergoglio richiamò la duplice condizione umana, di figli della terra e di figli di Dio. Troviamo anticipati temi, che compaiono nelle prime pagine della vuova enciclica; ne è anticipato anche il titolo che è: «Laudato si. Sulla cura della casa comune ». Un solo, semplice confronto. Nel Messaggio del 2007 larcivescovo Bergoglio scriveva: «Le persone hanno un rapporto complesso con il mondo in cui vivono, proprio per la nostra duplice condizione di figli della terra e figli di Dio. Siamo parte della natura; siamo soggetti alle stesse dinamiche fisiche, chimiche, biologiche degli altri esseri che condividono il mondo con noi. Sebbene si tratti di un'affermazione banalizzata e così spesso fraintesa, «siamo parte del tutto», un elemento dell'ammirabile equilibrio della Creato. La terra è la nostra casa. La terra è il nostro corpo. Anche noi siamo la terra. Tuttavia, per la civilizzazione moderna, l'uomo è separato dall'armonia del mondo. La natura ha finito per diventare una mera miniera per il dominio, per lo sfruttamento economico. E così la nostra casa, il nostro corpo, parte di noi, si degrada. La civilizzazione moderna porta in sé una dimensione biodegradabile». Queste parole ritornano, sintetizzate dal Papa, in principio dellenciclica e riflettono una sapienza antica: «Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora» (n. 2).
””