08/08/2023 – Sul tema «Meraviglia e discepolato: prospettive cristiane sull’apprendimento», il vescovo di Albano Vincenzo Viva è intervenuto, martedì 8 agosto a Ponte di legno (BS), alla “International summer university 2023” (clicca qui per il programma): l’iniziativa dell’associazione “Tonalestate”, rivolta agli studenti universitari e delle scuole medie superiori, ai loro docenti, educatori e formatori e a tutte le persone interessate ad affrontare culturalmente la realtà nel rispetto dei diritti umani, della giustizia e della pace in tutto il mondo. Ad accompagnare il vescovo Viva a “Tonalestate” c’era il direttore dell’ufficio per la Pastorale universitaria della diocesi di Albano, don Nicola Riva.
«Abitare la meraviglia – ha detto monsignor Viva nel suo intervento – vuol dire esercitarsi nell’ascolto. Il primo e centrale comandamento è la capacità di mettersi in ascolto di Dio che parla al cuore degli uomini e delle donne. Da parte dell’uomo, l’ascolto rappresenta la risposta alla rivelazione di Dio. L’ascolto rende possibile la fede. Ecco allora un atteggiamento da recuperare: tornare ad ascoltare da adulti i nostri giovani, così come Dio fa con il suo popolo. Non si tratta dunque solo di sentire parole dette, si tratta proprio di recuperare un atteggiamento antico e sempre nuovo che è “porgere l’orecchio” e quindi cambiare postura, cambiare la posizione del cuore e metterlo accanto a coloro che ci chiedono qualcosa». Educare, ha aggiunto Viva nella sua relazione, è quindi: «Ascoltare ciò che suscita meraviglia nell’altro. Ma anche ciò che fa soffrire, ciò che non è detto subito, ma che sta nel profondo del cuore e che attende di essere espresso con parole ed emozioni adeguate». Un secondo aspetto sottolineato dal vescovo di Albano è l’aderenza di Dio alla realtà. «Questo – ha proseguito Viva – è un altro atteggiamento prezioso nella prospettiva cristiana dell’educazione: lo stare dentro alla realtà, ma per trasformarla ed elevarla al progetto per la quale è stata creata. Imparare a stare dentro la storia significa non immaginare solo la parte più bella o quella che a noi darebbe più soddisfazione. Ecco la nostra storia è fatta anche di terra deserta, di landa di ululati… non sembra proprio bella come il Passo del Tonale, eppure Dio è lì che si prende cura, che lo alleva e che lo solleva, che lo circonda e lo fa crescere. Siamo capaci allora di stare dentro la storia, a volte deserta, di tutti, senza voler per forza dipingere le cose con colori luminosi? Ho letto da qualche parte che siamo “una generazione di gente triste piena di foto felici”. L’educatore sta invece nella storia, così come è. Allo stesso tempo trasmette gli strumenti perché la storia non sia subìta, cioè affinché la storia sia redenta, trasformata, plasmata dallo spirito del Vangelo, dai valori che danno sapore alla vita».
Trattando più nel dettaglio il tema del discepolato, il vescovo di Albano ha sottolineato alcune belle prospettive su come nel Nuovo Testamento si intenda l’apprendimento. «Nel Nuovo Testamento – ha detto Viva – il discepolo è anzitutto “chiamato da Gesù”. Egli inoltre non cerca un insegnamento “tecnico”, per diventare a sua volta un maestro o un rabbì. Il discepolato non introduce tanto a una dottrina, ma a una sequela che comporta il dono totale di sé, la piena unione con Gesù, la disponibilità a servire, l’imitazione dei suoi gesti e la ripetizione delle sue parole, fino a condividere la stessa sorte del Maestro. Gesù inoltre chiama tutti, al di là di ogni merito o condizione sociale e la chiamata al discepolato include una dimensione comunitaria, una vocazione al servizio, una condivisione del ministero di Gesù e una missione. Ai formatori spetta allora di essere docili al soffio dello Spirito che agisce nella Chiesa e nel mondo. È importante ricordare che il formatore è essenzialmente un canale per la grazia di Dio, né deve sostituirsi alla coscienza di chi abbiamo di fronte: educare è una diakonia della coscienza, cioè un servizio per il bene dell’altro, ricordando che in questo servizio il primo formatore è lo Spirito Santo e che noi siamo semplicemente servi del Signore con la consapevolezza serena che “abbiamo fatto quanto dovevamo fare” (Lc 17,10)».