“Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». Il lebbroso era impuro e la sua malattia contagiosa, per questo era isolato e mantenuto a distanza. La sofferenza di quest’uomo viene patita da Gesù stesso che prova compassione. Gesù si lascia ferire dalla sofferenza sentendo fin nelle viscere il dolore del lebbroso che ha davanti, tocca con le mani le sue piaghe e assume su di sé l’impurità che la legge attribuiva alla lebbra. Gesù supera quel muro rappresentato dalla malattia e lo tocca per farsi vicino: quell’uomo non è più solo! Non è più ai margini della società, ma è al centro, dentro una relazione. Le guarigioni compiute da Gesù non sono interventi magici, ma incontri personali, che richiedono tempo ed energie. Forse noi non siamo nella possibilità di operare guarigioni, ma certamente possiamo lasciarci toccare dalla sofferenza altrui e farci vicini. Possiamo anche noi spendere tempo ed energie. In molti casi il dolore rimane, ma nel momento in cui viene condiviso si trasforma, non siamo più soli, il peso diventa più leggero.