20 novembre 2024

mercoledì della XXXIII settimana del tempo ordinario

Lc 19, 11-28

Il viaggio di Gesù e dei discepoli è vicino alla meta: sono nei pressi di Gerusalemme. Proprio per questo, i discepoli sono convinti che è arrivato finalmente il momento in cui il regno di Dio sarebbe apparso. La parabola che Gesù racconta vuole ovviare a questo pericoloso errore: invece dell’apparire del regno, incombe ai discepoli un tempo intermedio che proverà la loro fedeltà. La prima parte della parabola può essere così spiegata: Gesù stesso è, come figlio di Dio, “l’uomo di nobile stirpe” che va in un paese lontano, cioè in cielo, per tornare poi di là investito della dignità regale, cioè come Messia glorioso. I concittadini che rifiutano il suo regno, e quindi la sua dignità messianica sono i giudei. La seconda parte è la verifica della fedeltà. Premiati i servi fedeli, al servo infedele viene tolta la sua mina e viene data in ricompensa al primo servo. L’obiezione che questo fatto – un po’ strano del punto di vista logico – suscita, serve a introdurre la sentenza finale, nella quale “avere” e “non avere” indicano le opere, i meriti che i “servi” possono vantare. Molto più duro è il giudizio riservato nel giorno del giudizio agli oppositori, da identificare con l’Israele infedele. Anche a me, come ai dieci servi, è stato consegnato un “capitale”. Se in questo momento dovessi renderne conto, cosa potrei dire? Che l’ho fatto fruttare o che l’ho “tenuto riposto in un fazzoletto”?

P style=“text-align: right;”A cura di Don Gian Franco Poli