martedì della XXXIII settimana del tempo ordinario
Lc 19, 1-10
Ancora una volta, Gesù si mostra amico e salvatore dei peccatori. Zaccheo è al servizio di Roma come capo degli esattori di imposte (i “pubblicani”) della importante città di Gerico: la sua cospicua ricchezza gli viene dalla disprezzata attività che svolge. Il desiderio che ha di vedere Gesù è probabilmente solo curiosità. Comunque, a Gesù non passa inosservato: nessuno che lo cerca gli può rimanere nascosto. E a Zaccheo dice “Oggi devo fermarmi a casa tua”. Quel devo sta a significare che Gesù ha una missione da compiere nei confronti di quel peccatore, come di tutti i peccatori. Ma ciò che per Zaccheo è motivo di gioia, per gli altri è causa di scandalo: Gesù non osserva la separazione tra puri e impuri. E’ un tema frequente nel vangelo di Luca. L’incontro e il contatto con Gesù mutano interiormente il pubblicano e lo rendono libero dalla brama delle ricchezze. Nell’episodio dell’uomo ricco (18,18s.) Gesù aveva detto: “Quanto difficilmente i ricchi entrano nel regno di Dio!”. Ma aveva poi aggiunto: “Ciò che per gli uomini è impossibile, è possibile a Dio”. L’episodio di Zaccheo ne è una dimostrazione. Zaccheo parlando con Gesù usa il presente: “Io do la metà dei miei beni … restituisco quattro volte tanto….”, ma non vuole dire che lui fa normalmente queste cose, bensì quello che farà. Vuol dire che in lui c’è un totale capovolgimento. La risposta di Gesù non è rivolta a Zaccheo, bensì a coloro che mormoravano, e vuole esclusivamente giustificare la sua sosta presso il peccatore. In pratica Gesù dice: Ho sostato presso di lui perché anch’egli è [non: è diventato adesso] figlio di Abramo, un discendente di Abramo e ha quindi gli stessi diritti da far valere sulla mia opera redentrice di qualsiasi altro israelita. E la parola finale di Gesù fa derivare dalla stessa sua missione il motivo della relazione che intrattiene con i pubblicani: l’episodio di Zaccheo non è un’eccezione nell’opera di Gesù, bensì la normalità. Questo episodio mi dice che la conversione è, sì, un ri-orientamento della persona verso Dio, ma è contemporaneamente anche un atto sociale e comunitario. Io, certo, sono “convertito”: ma la mia conversione rende migliore il mondo, pur nel mio piccolo?
P style=“text-align: right;”A cura di Don Gian Franco Poli