mercoledì della XXVII settimana del tempo ordinario
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione» (Lc 11, 1-4).
È la prima di tre brevi pericopi sul «pregare bene»: una sorta di catechismo sulla preghiera per i cristiani venuti dal paganesimo, che dovevano essere incoraggiati a perseverare nella preghiera in un ambiente ostile. I discepoli, vedendo che Gesù pregava, gli chiedono di insegnare anche a loro: questo ci fa capire che le preghiere usuali dei giudei non li soddisfacevano più da quando erano diventati suoi discepoli. Quando Gesù dice «Pregate così» non intende certo indicare una formula da recitare a memoria: vuole dare un esempio del ricco contenuto di una preghiera tipicamente cristiana, della quale mette in evidenza i due tratti fondamentali: una cosciente sottomissione alla volontà di Dio, e una fiducia incondizionata e filiale nella Sua bontà paterna. Il “Padre nostro”, così, non insegnerà solo come pregare bene: insegnerà soprattutto il modo di vivere e di agire come seguaci di Gesù. Effettivamente, si tratta del chiaro e più completo (nonostante la concisione) riepilogo del messaggio di Gesù che noi possediamo. Ecco il testo presumibilmente più antico della nostra preghiera: Padre mio/ sia santificato il tuo nome / Il tuo regno venga / Il nostro pane per domani dacci oggi / E rimetti i nostri debiti, come anche noi, pronunciando queste parole, rimettiamo ai nostri debitori. E non permettere che noi soccombiamo nella tentazione. La cosa più importante da capire è l’invocazione al “Padre” posta all’inizio: essa racchiude in sé tutta la preghiera. Abbà, corrispondente a “Padre”, era un vocabolo familiare della vita quotidiana che nessuno avrebbe mai osato riferire a Dio: se Gesù lo fa vuol dire che la sua comunione con Dio è unica. Per i discepoli dovette essere sconvolgente che Gesù desse loro l’autorizzazione di dire abbà come faceva lui. Questa è l’innovazione decisiva del Padre nostro. Il Padre nostro, quindi, è una specie di distintivo del cristiano: ne sono cosciente quando lo recito?
p style=“text-align: right;”A cura di Don Gian Franco Poli