mercoledì della XXV settimana del Tempo ordinario
In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi. Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro». Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni (Lc 9, 1-6).
Gesù, aveva rivelato ai suoi discepoli la novità del Regno che egli annunciava: un regno di giustizia, di vita piena per tutti, con l’abolizione dei privilegi di qualsiasi genere, da quelli derivanti dalle ricchezze e dal potere fino a quelli del prestigio religioso. In tutti i vangeli risulta evidente che i discepoli, provenienti dal giudaismo, avevano sempre fatto molta fatica a capire tutto questo. Erano impregnati dell’ideologia messianica nazionalistica. Gesù aveva ormai portato a termine la sua “lezione” sulla fragilità della propria condizione umana, vulnerabile di fronte alla sofferenza e alla morte, alludendo alla fine che prevedeva di incontrare una volta giunto a Gerusalemme. Nonostante tutto, i discepoli non hanno ancora compreso e si mettono a discutere su chi sarà il più grande, immaginando che Gesù sta per conquistare il potere. Gesù, con gesto molto “didattico”, presenta loro un bambino come simbolo di piccolezza, di debolezza e di esclusione, per insistere ancora una volta sulla vera natura della missione a cui sono chiamati i discepoli: sono chiamati a vivere nel servizio, senza pretese di potere e di privilegi. L’esorcista estraneo che scaccia i demoni nel nome di Gesù, suscita l’indignazione dei discepoli che ritengono il loro posto accanto a Gesù come un loro privilegio esclusivo da difendere. Forse io mi indigno segretamente con i discepoli: essi sono di così “dura cervice” da non capire cose che a me paiono evidenti, visto che Gesù aveva parlato loro con estrema chiarezza. Ma forse è meglio che applichi a me la lezione: ho proprio capito l’insegnamento che Gesù dà ai discepoli presentando loro un bambino? E posso dire, sinceramente, che lo metto in pratica?
p style=“text-align: right;”A cura di Don Gian Franco Poli