lunedì della XIX settimana del tempo ordinario
In quel tempo, mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati. Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?». Rispose: «Sì». Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?». Rispose: «Dagli estranei». E Gesù replicò: «Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te» (Mt 17, 22-27).
Per la seconda volta, Gesù parla apertamente della sua passione: “Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini”. Non si dice da chi, ma il verbo consegnare è al cosiddetto “passivo divino”, esprime cioè un’azione di Dio. Dio dà il suo Messia, lo “consegna”, lo abbandona all’impotenza senza intervenire per liberarlo. Questo è un modo di agire di Dio che facciamo molta fatica ad accettare. Ci dà tanta tristezza ed è così contrario… al buon senso! Era così anche per i discepoli, i quali “furono grandemente contristati”: non avevano ancora capito. Nella seconda parte Gesù dichiara la sovrana libertà, sua come Figlio e di coloro che lui ha resi figli, di fronte alle piccole cose di questo mondo, nel caso, il tributo per il Tempio che ogni israelita giunto ai venti anni doveva pagare. Ma Gesù dimostra la sua superiorità anche mediante la sua condiscendenza nel pagare il tributo; ma non lo paga come un uomo qualsiasi soggetto a questo dovere: lo fa a motivo della debolezza degli esattori (“perché non restino scandalizzati”) e per di più in modo miracoloso. I discepoli “non avevano ancora capito” che Gesù, il Messia doveva “soffrire”. Io ho chiaro il significato della sofferenza nella mia vita? Quando soffro, rimango sereno o precipito in una cupa depressione?
p style=“text-align: right;”A cura di Don Gian Franco Poli