XVII domenica del tempo ordinario
Gv 6, 1-15
Lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Il primo riferimento è una folla che segue Gesù: la folla lo vede, o per essere più precisi e aderenti al testo, la folla vede i segni da Lui compiuti sui malati, e quindi lo segue. Segni, miracoli, prodigi, guarigioni: non sono sinonimi, men che meno nel quarto vangelo; i segni sono azioni che il Signore compie con lo scopo di rivelare chi Lui è. Ogni segno compiuto da Gesù, riconduce a chi è Gesù e alla sua opera di Salvatore e Riconciliatore.
La folla è un insieme informe di individui, può avere voce, spesso confusa e non identificabile, ma non ha mai un volto e una storia, la folla non ha identità. Questo grumo di cellule segue Gesù, che è davanti, di spalle. La folla vede i segni e vede Gesù, ma Gesù, almeno per ora, non vede la folla.
Gesù, alza ti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui Gesù è ora seduto, sta insegnando ai suoi discepoli, e alzando lo sguardo, incontra lo sguardo senza volto e senza nome della folla che lo ha seguito. L’incontro tra due persone è reale se c’è uno scambio di sguardi, se i miei occhi guardano i tuoi. Solo superando i mille schermi dei nostri dispositivi, le videochiamate, le “amicizie” virtuali, gli occhiali da sole e gli sguardi bassi evitanti, potremo incontrare l’altro, e metterci in relazione, fosse anche solo per un sorriso o per tenere la porta aperta a chi ci segue. Gesù vede la folla, entra in relazione con questo ammasso informe, e questo vedere fa scattare in Lui un pensiero, una domanda:
Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare? Il primo pensiero del Signore è rispondere al bisogno primario dell’alimentazione, fondamentale per la sopravvivenza. Tuttavia, se andiamo al nostro vissuto più ordinario, le nostre nonne appena giungevamo da loro ci dicevano: “hai mangiato? Hai fame? Vuoi qualcosa?” Gesù fa la stessa cosa con la folla che lo segue: prima la vede, e subito dopo si prende cura, si preoccupa, non che sappiano bene il catechismo, le preghiere o se hanno rispettato il codice della strada, ma del loro stare bene.
La domanda di Gesù è posta al plurale: “Dove potremo”. Dio non agisce mai da solo: in ogni sua attività sono almeno Tre Persone, ma normalmente amano essere almeno quattro, perché desidera collaborare con te, fattivamente. Prima di quella domanda, metti il tuo nome: “Luca, dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?” Non c’è una risposta giusta o sbagliata, c’è una risposta o c’è il silenzio, il vuoto, il nulla. Sentiti chiamato in causa e rispondi, comunque vada sarà un successo.
Rispose Gesù: «Fateli sedere» Un panino lo si può mangiare agilmente anche in piedi: oggi è di moda lo street food, il finger food, tuttavia Gesù dà un indicazione precisa: fateli sedere. Si sta seduti quando, dopo un primo sguardo si intende approfondire la conoscenza o si desidera stare insieme, per un pasto, oppure per qualche chiacchiera; si sta seduti per confidarsi, per chiedere aiuto, per sfogarsi, anche in uno studio medico ci si siede… Gesù dà alla folla la possibilità di stare comoda e di poter dire chi è, cosa desidera, cosa soffre. Se ci pensiamo, questa premura è la stessa che noi rivolgiamo ai nostri ospiti: “vieni, non stare alla porta, entra, siediti”.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. Il pasto può avere inizio quando tutti sono seduti, pronti a gustare e a condividere la gioia della mensa. In questa frase possiamo cogliere tutti gli elementi presenti nella celebrazione eucaristica: il pane, il grazie (Eucaristia significa grazie, in greco), il cibarsi. Se pensi all’ultima Messa che hai celebrato (anche i laici celebrano!), puoi ricordare di avere fatto esperienza di cura da parte del Signore? Ti sei seduto a mensa con Lui e con la comunità? Hai reso grazie a Dio? La comunione è stata davvero comunione, comune unione? Non è un interrogatorio, ma un porre l’attenzione sulla ricchezza immensa e infinita che Dio ci dona nell’Eucaristia, troppo spesso ridotta a rito solo esteriore.
La folla è ancora tale, eppure ha seguito Gesù, lo ha visto, è stata vista da Lui, Gesù si è preso cura, li fa sedere, dà loro da mangiare, rispettando questo anonimato grigio. Ma qualcosa è successo: Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!» La folla non è più folla, ma “gente”, più letteralmente potremo tradurre: esseri umani, persone. Il segno compiuto da Gesù ha ottenuto il risultato: rendere quella folla delle persone, uomini e donne con un volto, una voce, una storia. Se Gesù avesse preteso dalla folla di non essere tale, avrebbe perso tutti, ognuno sarebbe tornato a casa propria con la pancia vuota, deluso e stanco per il cammino inutile e per la speranza delusa.
La folla diventa persona: è questo il miracolo più grande e più bello! La moltiplicazione dei pani e dei pesci, per quanto azione prodigiosa, non raggiunge la bellezza di una folla che diventa uomo e donna. La folla non c’è più, ci sono persone che hanno fatto esperienza di Dio, persone che si sono cibate del suo amore, che hanno vissuto la sua premura, persone che si sono sentite accolte e stimate non per la loro bravura, ma per il fatto stesso che esistono.
Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo. Gesù si sottrae, perché coloro che fin qui sono giunti, non abbiano a interrompere il loro cammino. La folla ha ritrovato identità personale, e sarebbe davvero triste, proprio ora, tornare a essere folla! Rimani persona, continua a fare esperienza di Dio nella tua vita, non perdere il colore della tua ritrovata umanità, non confondere il segno col traguardo! Gesù si ritira da solo, non c’è più la folla, non ci sono più le persone. La solitudine del Signore è anch’essa un insegnamento a non fermarsi, a proseguire nella ricerca. Solo così il segno ci porterà alla meta: il Segno sarà un uomo steso sulla tua croce, inchiodato al legno del tuo dolore più grande e forse più nascosto. Ecco il Segno più grande: Dio rimane vicino, Dio è dalla tua parte.
p style=“text-align: right;”A cura di Luca Rubin