6 maggio – lunedì VI settimana di pasqua
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto» (Gv 15, 26 – 16, 4).
È consolante la promessa di Cristo riguardo al dono del Paràclito: ci viene data la garanzia che non siamo soli, ma lo Spirito Santo ci accompagna, ci guida, ci difende, ci protegge. Nella preghiera, spesso, lo Spirito Santo rischia di rimanere come qualcosa di evanescente. Sì, sappiamo che c’è ma facciamo fatica a riconoscerlo come una persona divina che agisce in noi mediante la preghiera e i sacramenti. Scriveva il grande teologo Josef Ratzinger, divenuto poi papa Benedetto XVI: «A differenza delle parole “Padre” e “Figlio”, il nome dello Spirito Santo, la terza persona divina, non è l’espressione di una specificità; esso designa invece ciò che è comune a Dio. La Scrittura non descrive mai lo Spirito Santo in sé; parla soltanto del modo in cui egli viene verso l’uomo e in cui si distingue dagli altri spiriti». Lo Spirito Santo, nel Vangelo odierno, è chiamato da Gesù col nome di Paràclito che designava la figura dell’avvocato difensore, che suggeriva all’orecchio dell’imputato le parole da dire al giudice a sua difesa. Lo Spirito, nel quale il Padre e il Figlio sono una cosa sola, non si sostituisce a noi, ma opera con noi e rende efficace la nostra testimonianza persino in mezzo alla bufera delle persecuzioni (don Paolo Ciccotti, Sulla tua Parola, Il messalino. Editrice Shalom, Maggio 2024).
p style=“text-align: right;”A cura di don Gian Franco Poli