Sabato della XXXIV settimana del Tempo Ordinario
«State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra.
Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo» (Lc 21, 34-36).
In questi ultimi versetti del discorso escatologico, Luca riprende l’invito alla vigilanza e lo esplicita in applicazioni di ordine morale, dando ai discepoli una mini-catechesi di ammonimenti. Dalla attenzione alla meta ultima della storia, Luca passa così all’impegno di vivere seriamente il nuovo presente inaugurato dal Cristo, spiegando quale sia il comportamento concreto che i cristiani devono tenere. Poiché la parusia non viene considerata come imminente, ma anzi si deve calcolare su una durata indeterminata della storia, il nostro evangelista insiste nell’esortare i cristiani a perseverare, a resistere e a non cadere nel rilassamento, a non ingolfarsi fino ai capelli nell’accumulo di ricchezze e cose mondane (“gli affanni della vita”). È indispensabile operare una scelta morale precisa per cogliere i segni dei tempi e non restare intorpiditi; è indispensabile non lasciarsi intaccare da quella malattia gravissima della coscienza, qual è l’indifferenza e la superficialità. I cristiani devono essere consapevoli che la fine, anche se si fa ancora attendere, li può cogliere un giorno di sorpresa come un laccio sorprende l’uccello ignaro. Devono perciò evitare, con la preghiera e la vigilanza, tutto quello che li può sviare dal pensiero della fine. Con questo incitamento alla preghiera e alla vigilanza, si chiude oggi l’anno liturgico: se ripenso ai mesi passati, posso dire di essere stato costante nella “preghiera e nella vigilanza”? O mi sono lasciato/a prendere dagli “affanni della vita”? Che cosa decido per l’inizio del nuovo anno liturgico, domani?
A cura di Don Gian Franco Poli