9 settembre 2023

della XXII settimana del Tempo Ordinario

Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. Alcuni farisei dissero: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?». Gesù rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?». E diceva loro: «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato» (Lc 6, 1-5).

L’insegnamento che scaturisce dalle parole di Gesù, era molto “attuale” a suo tempo e molto importante, data la situazione di rigorismo ingiustificato e oppressivo che i rabbini avevano creato per la gente comune. Tale insegnamento era importante anche per le prime comunità: Luca vuole sostenere la loro prassi di non osservare le disposizioni circa il sabato.
La colpa dei discepoli non era quella di “rubare” le spighe (la loro azione era, in quanto tale, ammessa dalla legge), bensì quella di raccogliere delle spighe e “stropicciarle con le mani”: colpa perché questi atti erano considerati come una “mietitura”, quindi un “lavoro”. Ma durante il sabato era proibito lavorare: essi infrangevano, quindi, una legge cultuale. Le parole “Il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato” dicono che Gesù non ha abolito il “sabato”: lo ha subordinato a valori più grandi, quali l’amore, la compassione, la misericordia.
Invece si dà il caso che la domenica l’abbiano abolita i cristiani stessi, nel senso che non è più (se mai lo è stata) una pausa per dedicarsi con maggiore intensità, alla “vita interiore”, a Dio, alla preghiera…
Certo, i cristiani vanno a messa: ma chi direbbe che le messe dominicali sono il “culmine e la sorgente” della vita cristiana? In genere sono una fredda esecuzione di gesti più o meno comprensibili: un borbottare monotono di parole, che con la nostra vita reale non c’entrano per niente. E un atteggiamento che ci avvicina a quello dei farisei, può essere il credere che noi, “tutto” quello che Dio può pretendere da noi, lo facciamo senz’altro perché andiamo a messa e partecipiamo ai pellegrinaggi, qualche volta facciamo l’elemosina e prima di mangiare facciamo il segno della croce. Non ci pare che ci sia altro! Come la vivo, io, la domenica? La messa, per me, è una festa che celebro con tanti fratelli, nella quale il Cristo ci libera, ci salva, ci affratella facendo di noi un popolo esultante, gioioso, liberato? Per me la messa è un’esperienza profonda che mi dà tanta gioia? O mi annoia?

A cura di Don Gian Franco Poli