domenica XI del tempo ordinario
«E, strada facendo predicava che il Regno dei cieli è vicino, dice il Signore» (Mt 10,7).
Non sempre l’idea del Regno è accettata e presentata chiaramente. Sovente è un concetto lontano dalla coscienza dei credenti e fa parte del vocabolario dei dotti, dei teologici, di coloro che sanno. Il Regno invece è la parola chiave per essere cristiani a tempo pieno; è il principale compito missionario di ogni credente. Il problema non è solo legato al vocabolo ma contestualmente alla consapevolezza che le nostre assemblee sono sempre più comunità di fratelli e sorelle “ricchi di anni” ma “poveri di Regno”. Si percepisce chiaramente quando si partecipa ad una celebrazione domenicale dell’eucaristia; ognuno cerca un posto, molte volte lo stesso, ma per essere un semplice spettatore, uno che ascolta e stop. Oggi, la scommessa che viene richiamata è proprio nel senso opposto, soprattutto per il fatto che è chiamata a diventare pastore, cioè corresponsabile del gregge, impegnato insieme ai Pastori nel pascolare il gregge, la propria comunità parrocchiale.
Riportare il gregge
Nel libro dell’Esodo ritroviamo l’incarico che Dio affidò a Mosè per il Suo popolo: Questo dirai alla casa di Giacobbe e annunzierai agli israeliti: Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me (19, 3-4).
Dio vuole ogni uomo e donna al servizio del Suo progetto salvifico. Nessuno ha diritto di chiudersi “dentro” la propria esistenza, in una concezione di vita scandita unicamente dai propri interessi. Dio “elegge” continuamente ogni membro del Suo popolo, lo chiama ad essere il “segno” della Sua proprietà in mezzo alla comunità.
L’attualità delle parole: Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa (Es 19, 5-6), attestano che la “liberazione” ha la sua operatività nel diventare un avvenimento, una novità che conferma l’azione salvifica di Dio.
Il compito di ogni credente è in questa partecipazione alla vita della comunità, iniziando dall’essere incaricato di riportare il gregge alla sua nota caratteristica di “popolo santo” con una vita cristiana radicale, con la ricerca di forme e mezzi per essere una provocazione, pur nella limitatezza e umana e nel continuo bisogno dell’aiuto divino.
Il credente è il depositario della Parola di Dio e del vero culto, e contestualmente un seminatore nella vita della comunità dei germi salvifici ereditati dal codice dell’alleanza, quale primaria volontà divina di condividere con le creature i doni messi ha disposizione dell’intera umanità.
Ogni uomo e ogni donna, prendendo coscienza dei doni ricevuti, fa conseguire a tale esperienza una partecipazione alla vita della comunità, non solo nell’ordine della presenza, ma in quella più determinate della costruzione, attraverso la ricerca di nuove strade, e soprattutto nel sostegno di quei fratelli più ritrosi e meno disponibili a far parte del gruppo.
“Riportare il gregge” equivale a credere che le parole del ritornello di oggi: Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida (Sal 99), non sono solo l’antico inno cantato dal popolo mentre entrava processionalmente nel tempio per partecipare alle funzioni liturgiche, ma la volontà a collaborare alla costruzione della comunità liturgica, quale stirpe eletta, sacerdozio regale, popolo santo, che il Signore dalle tenebre ha chiamato alla sua luce meravigliosa (Cf 1 Pt 2,9).
Costruire la riconciliazione con la partecipazione
Sovente la vita cristiana è caratterizzata da fratelli e sorelle che esauriscono in un’ora alla settimana la loro partecipazione alla vita ecclesiale. Cristiani “festivi” e non “feriali”, soprattutto quando si è chiamati ad incarnare il dono della Parola ricevuto e a distribuirlo a se stessi e agli altri. Questo stile di vita chiama tutti in causa, in un’azione di evangelizzazione e di promozione degli insegnamenti evangelici, ricuperando la “via compassione” di Gesù, quale ricerca di risoluzioni ad un cristianesimo a ore.
La precisazione di Matteo: Gesù vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore (9, 36) ripropone per tutti i credenti il lavoro apostolico, quale compito primario per tutti i membri del popolo di Dio, attraverso la riconsiderazione dell’immagine della messe e della mietitura (9, 37-38).
Questa antica immagine profetica sta ad indicare l’avvento dei tempi messianici e il giudizio del Signore. Riprendendola, Gesù fa comprendere che il Regno di Dio e il giudizio sono già in atto e si compiono nella decisione di ogni singolo uomo. C’è però scarsità di operai, cioè di chi annunci che i tempi sono maturi e inviti a prendere tale decisione.
La riconciliazione passa innanzitutto dentro la propria vita, arrivando alla determinazione che ognuno è chiamato non in forza delle sue capacità, ma perché Dio lo vuole in Gesù, essendo la salvezza un’iniziativa esclusiva di Dio e non delle creature. Nella comunità il contagio di uomini e donne che si lasciano coinvolgere nel duro mestiere di rivelare Cristo, le Sue indicazioni evangeliche, è scegliere la via della riconciliazione quale strada per essere coinvolto dai fatti e non dalle parole.
La chiamata di Gesù nei riguardi degli apostoli è nella direzione della missione, affermando come la vocazione si realizza nell’evangelizzazione. L’espressione di cercare le “pecore d’Israele” (Es 19, 5-6) non è limitativa ma estensiva e mette al primo posto il senso dell’andare, nel far circolare l’Amore salvifico del Padre verso tutti.
L’evangelizzazione vera e propria è riconciliazione con il Regno di Dio, è consapevolezza che nessuno può eludere la propria partecipazione a questo lavoro comunitario in favore del Regno. Tutta la Chiesa, nella sua funzione missionaria, legata alla missione di Gesù fa sentire l’attualità della compassione, mettendo in moto la disponibilità ad uscire da un cristianesimo privato verso quello comunitario, voluto dal Padre e richiamato continuamente dal Figlio.
Se tutti avranno compassione, cioè disponibilità ad andare verso l’altro o la comunità, la risposta non sarà insignificante, ma farà veramente bene, perché tutti avranno capito che l’evangelizzazione non sono solo parole di circostanza, ma vangelo tradotto nella quotidianità, vita con gli altri, senza mai stancarsi di creare le coordinate della riconciliazione scegliendo la partecipazione come strategia missionaria. Tutto questo comporta coraggio e pazienza, ma alla fine la gioia di essere arrivati a consolidare il gregge, farà dimenticare le fatiche, testimoniando che chi si fida di Gesù ha sempre dei grandi risultati.
A cura di Venera Diamante i