lunedì della settimana santa
«Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura» (Gv 12, 8)
Ogni evangelista racconta a modo suo la vita e le azioni di Gesù durante la festa della Pasqua a Gerusalemme. Per san Giovanni, tutto quello che succede durante questi “ultimi” giorni ha un valore simbolico e oltrepassa le apparenze. I protagonisti stessi diventano dei simboli: all’inizio della settimana della Passione, Gesù è l’ospite di Marta, di Maria e di Lazzaro, in Betania. L’amicizia li lega; è a loro che viene annunciato cosa significa parlare della “vita” e della “morte” quando si tratta di Gesù. Marta compie i suoi doveri di padrona di casa. Gesù è a tavola con gli uomini. Maria fa qualcosa di sconveniente per la società dell’epoca – come per la nostra: unge i piedi di Gesù con un olio prezioso e li asciuga con i suoi capelli. Onora Gesù nell’innocenza del puro amore senza preoccuparsi delle altre persone riunite: l’odore del profumo riempie tutta la casa. La critica superficiale che le viene indirizzata riguarda soltanto il suo “sperpero”. Ma, in realtà si adombra dell’abbandono senza misura di questa donna. Giuda parla in nome degli scontenti. Egli vuole trasformare in molteplici piccole razioni il dono di Maria, e venire così in aiuto a tante piccole miserie. Ma Gesù approva la spontaneità di questo amore, accetta il dono totale. Non è egli stesso sulla via del dono senza misura? Attraverso la sua morte, egli riscatta la vita del mondo (LaChiesa.it).
Fare la Pasqua è come fare la primavera. Non si assiste allo spettacolo della primavera o, se mi pare di assistere alla meraviglia di essa, m’accorgo che sono anch’io nella primavera, che io stesso sono la primavera e che la rinascita della natura è un poco la mia stessa rinascita e che il mio comprendere e godere la primavera è regolato dalla mia partecipazione (don Primo Mazzolari).