Con San Giuseppe guardiamo al Bambino e alla Madre

Omelia nella solennità di san Giuseppe, sposo della B.V. Maria
19-03-2020
  1. Ho accolto subito e con piacere la proposta del vostro parroco, di celebrare la Santa Messa in questa chiesa parrocchiale dedicata a san Giuseppe, Sposo di Maria Vergine, oggi che è la sua festa. Ci vedete qui noi soli, don Angelo ed io davanti all’altare; soli e distanti l’uno dall’altro, per osservare le disposizioni ricevute. Quand’ero giovane, la festa di san Giuseppe era religiosamente festa di precetto ed era pure festa civile; poi questo è cambiato. Oggi, liturgicamente è una festa solenne, ma noi siamo tristi per l’emergenza che stiamo vivendo a causa del coronavirus.

Misuriamo la distanza gli uni dagli altri e in questa situazione risentiamo il bisogno della vicinanza, riscopriamo il valore del contatto, nutriamo il desiderio della famigliarità. Di questo, in tempi ordinari, avevamo forse un po’ dimenticato il valore, ma ora ne avvertiamo la mancanza; eravamo entusiasti delle mille occasioni offerteci dai contatti virtuali e adesso ci accorgiamo che non bastano… Gli stessi, però, ci permettono di avvicinare le lontananze, di non perderci di vista. Ciononostante ci sentiamo spaesati, frastornati, esiliati.

Esiliati. Ed ecco che la persona di san Giuseppe si risveglia nel mio animo proprio con questo carattere dell’esilio. «Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo”. Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto» (Mt 2,13-14). Ricordo che nella sua «Vita di Gesù Cristo» l’abate G. Ricciotti descriveva questa fuga come un viaggio faticoso, notando che i soldati romani ritenevano quell’itinerario più pericoloso della stessa guerra.