Navigare avendo la croce per vela

Omelia ad competentes 2020 nel Rito di Elezione dei Catecumeni
01-03-2020
    1. La finalità del tempo quaresimale, nel quale siamo entrati da qualche giorno, ci è stata descritta molto bene dalla preghiera colletta che, a nome di noi tutti, ho rivolto al Signore: crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e testimoniarlo con una degna condotta di vita. Forse, però, c’è bisogno di spiegare qualche parola. Anzitutto cosa vuol dire l’espressione «mistero di Cristo». C’è bisogno di spiegare il termine «mistero», perché non sia frainteso. Oggi, infatti, questa parola la usiamo molto spesso per indicare dei concetti incomprensibili, dei fatti inspiegabili e pure i fenomeni paranormali. Nel linguaggio di san Paolo, invece, indica qualcosa di molto bello. L’espressione la troviamo due volte nelle sue lettere (cf. Ef 3,4; Col 4,3) e si riferisce alle parole e agli eventi della storia della salvezza; la storia nella quale Dio ci ha manifestato e ci donato il suo amore. «Mistero» vuol dire che Dio ci ama, ci vuole bene. Ed è di questo che dovremmo sempre di più renderci conto nel tempo della Quaresima. Quaranta giorni per capirlo! E poiché questi giorni non ci bastano, ecco che la Chiesa ogni anno ci domanda di ricominciare.

    La gran parte di noi che siamo qui, questa sera, la Quaresima la viviamo da tanti anni. Voi, invece, carissimi Catecumeni, la vivete per la prima volta. Il prossimo anno, però, tornerete anche voi a vivere questo tempo. La Chiesa ci domanda di celebrarlo ogni anno perché la Quaresima è tempo di crescita nella conoscenza. Ed ecco un’altra parola da spiegare. «Conoscenza», difatti, non indica soltanto un apprendimento intellettuale; ancora di più, rimanda a ciò che noi chiamiamo esperienza personale. Non si tratta, allora, di apprendere delle nozioni (sono importanti anche quelle); si tratta ancor più di una vita di relazione con Dio.

    Il tempo quaresimale ha, però, anche un’altra finalità, che è testimoniare con la vita. Non è facile da attuare. Dobbiamo esserne consapevoli. Saprete, penso, che nel linguaggio sia giudiziario, sia storiografico e poi anche nel Nuovo Testamento il termine greco e latino martyr si trova usato per indicare il testimone, colui che con le sue affermazioni permette di accertare la veridicità di un fatto. A partire, però, dal II secolo, specialmente per la spinta di una eresia (l’eresia montanista) la parola «martire» assume nella Chiesa un significato tecnico per designare colui che muore per la fede cristiana. Ed è così che la testimonianza acquisisce ancora per noi oggi il valore di un impegno forte, di una dedizione totale, anche a costo della vita. In questa luce il cammino quaresimale assume anche il volto di una lotta per superare degli ostacoli. E questa sera le tre Letture bibliche ci dicono che questo ostacolo ha un nome: Satana, diavolo.