26-05-2016
1. Spesso, durante questanno giubilare della Misericordia, risalendo da anni oramai lontani, mi tornano alla memoria una storia e unespressione che ne I Promessi sposi di A. Manzoni hanno un posto non secondario. La storia è quella di padre Cristoforo, un frate cappuccino che nel romanzo compare fin dalle prime pagine e domina sino alla fine quel racconto, illuminandolo e riscaldandolo con la sua umiltà, la sua paternità, la sua dedizione. Nel quarto, che nel romanzo è il capitolo di padre Cristoforo. lAutore subito precisa che egli «non era sempre stato così»! Da giovane, nel corso di una banale lite presto degenerata in un duello, egli aveva pugnalato e ucciso un nobile. Questi, però, tramite il cappuccino accorso ad assisterlo, gli aveva fatto avere il suo perdono ed egli si lasciò subito coinvolgere e sconvolgere dalla forza di quella misericordia. Chiese dunque dessere accolto tra i frati e prima diniziare il noviziato volle invocare a sua volta il perdono alla famiglia che aveva «crudelmente offesa».
Il lettore del romanzo giunge così ad uno dei suoi primi grandi affreschi letterari: una scena di surreale alterigia dimprovviso si capovolge al semplice suono della parola: perdono. È una parola che torna nove volte nel capitolo; in un breve passaggio, perfino quattro volte di seguito. Ascoltiamo: «Fra Cristoforo, in piedi, ma col capo chino, rispose: - io posso dunque sperare che lei mabbia concesso il suo perdono! E se lottengo da lei, da chi non devo sperarlo? Oh! Sio potessi sentire dalla sua bocca questa parola, perdono! Perdono? disse il gentiluomo. Lei non ne ha più bisogno. Ma pure, poiché lo desidera, certo, certo, io le perdono di cuore, e tutti... Tutti! tutti! gridarono, a una voce, gli astanti. Il volto del frate saprì a una gioia riconoscente, sotto la quale traspariva però ancora unumile e profonda compunzione del male a cui la remissione degli uomini non poteva riparare. Il gentiluomo, vinto da quellaspetto, e trasportato dalla commozione generale, gli gettò le braccia al collo, e gli diede e ne ricevette il bacio di pace».
2. Poco dopo, al momento di congedarsi il giovane novizio gli dice: «Io sto per mettermi in viaggio: si degni di farmi portare un pane, perché io possa dire daver goduto la sua carità, daver mangiato il suo pane, e avuto un segno del suo perdono» . Il gentiluomo, commosso, ordinò che così si facesse; e venne subito un cameriere, in gran gala, portando un pane sur un piatto dargento, e lo presentò al padre; il quale, presolo e ringraziato, lo mise nella sporta». Poi, una volta partito, fermatosi allora della refezione presso un benefattore, egli «mangiò, con una specie di voluttà, del pane del perdono: ma ne serbò un pezzo, e lo ripose nella sporta, per tenerlo, come un ricordo perpetuo». Ecco: «pane del perdono» è lespressione che, insieme alla storia, mi torna spesso alla mente.
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Il lettore del romanzo giunge così ad uno dei suoi primi grandi affreschi letterari: una scena di surreale alterigia dimprovviso si capovolge al semplice suono della parola: perdono. È una parola che torna nove volte nel capitolo; in un breve passaggio, perfino quattro volte di seguito. Ascoltiamo: «Fra Cristoforo, in piedi, ma col capo chino, rispose: - io posso dunque sperare che lei mabbia concesso il suo perdono! E se lottengo da lei, da chi non devo sperarlo? Oh! Sio potessi sentire dalla sua bocca questa parola, perdono! Perdono? disse il gentiluomo. Lei non ne ha più bisogno. Ma pure, poiché lo desidera, certo, certo, io le perdono di cuore, e tutti... Tutti! tutti! gridarono, a una voce, gli astanti. Il volto del frate saprì a una gioia riconoscente, sotto la quale traspariva però ancora unumile e profonda compunzione del male a cui la remissione degli uomini non poteva riparare. Il gentiluomo, vinto da quellaspetto, e trasportato dalla commozione generale, gli gettò le braccia al collo, e gli diede e ne ricevette il bacio di pace».
2. Poco dopo, al momento di congedarsi il giovane novizio gli dice: «Io sto per mettermi in viaggio: si degni di farmi portare un pane, perché io possa dire daver goduto la sua carità, daver mangiato il suo pane, e avuto un segno del suo perdono» . Il gentiluomo, commosso, ordinò che così si facesse; e venne subito un cameriere, in gran gala, portando un pane sur un piatto dargento, e lo presentò al padre; il quale, presolo e ringraziato, lo mise nella sporta». Poi, una volta partito, fermatosi allora della refezione presso un benefattore, egli «mangiò, con una specie di voluttà, del pane del perdono: ma ne serbò un pezzo, e lo ripose nella sporta, per tenerlo, come un ricordo perpetuo». Ecco: «pane del perdono» è lespressione che, insieme alla storia, mi torna spesso alla mente.
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