lunedì della XXIII settimana del Tempo ordinario
Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo. Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «alzati e mettiti qui in mezzo!». Si alzò e si mise in mezzo. Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?». E guardandoli tutti intorno, disse all’uomo: «Tendi la tua mano!». Egli lo fece e la sua mano fu guarita. Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù (Lc 6, 6-11).
L’insegnamento che scaturisce dalle parole di Gesù, era molto “attuale” a suo tempo e molto importante, data la situazione di rigorismo ingiustificato e oppressivo che i rabbini avevano creato per la gente comune. Tale insegnamento era importante anche per le prime comunità: Luca vuole sostenere la loro prassi di non osservare le disposizioni circa il sabato.
La colpa dei discepoli non era quella di “rubare” le spighe (la loro azione era, in quanto tale, ammessa dalla legge), bensì quella di raccogliere delle spighe e “stropicciarle con le mani”: colpa perché questi atti erano considerati come una “mietitura”, quindi un “lavoro”. Ma durante il sabato era proibito lavorare: essi infrangevano, quindi, una legge cultuale. Le parole “Il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato” dicono che Gesù non ha abolito il “sabato”: lo ha subordinato a valori più grandi, quali l’amore, la compassione, la misericordia.
Invece si dà il caso che la domenica l’abbiano abolita i cristiani stessi, nel senso che non è più (se mai lo è stata) una pausa per dedicarsi con maggiore intensità, alla “vita interiore”, a Dio, alla preghiera…
Certo, i cristiani vanno a messa: ma chi direbbe che le messe dominicali sono il “culmine e la sorgente” della vita cristiana? In genere sono una fredda esecuzione di gesti più o meno comprensibili: un borbottare monotono di parole, che con la nostra vita reale non c’entrano per niente. E un atteggiamento che ci avvicina a quello dei farisei, può essere il credere che noi, “tutto” quello che Dio può pretendere da noi, lo facciamo senz’altro perché andiamo a messa e partecipiamo ai pellegrinaggi, qualche volta facciamo l’elemosina e prima di mangiare facciamo il segno della croce. Non ci pare che ci sia altro! Come la vivo, io, la domenica? La messa, per me, è una festa che celebro con tanti fratelli, nella quale il Cristo ci libera, ci salva, ci affratella facendo di noi un popolo esultante, gioioso, liberato? Per me la messa è un’esperienza profonda che mi dà tanta gioia? O mi annoia?
p style=“text-align: right;”A cura di Don Gian Franco Poli