Tempo ordinario (V)
«I cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli» (Mc 7, 28)
Quando Gesù entra nella nostra vita è impossibile che rimanga nascosto, perché quando entra, ciò che cambia, anche esternamente, è la qualità della vita stessa. Se infatti non si vede che siamo cristiani dalla qualità della nostra vita ma solo dal nostro parlare allora il nostro cristianesimo è solo una questione di discorsi. E si deve dare ragione al filosofo Nietzsche che criticava i cristiani che sono solo moralisti. Ma il Vangelo di oggi, pur iniziando con questo dettaglio, vuole che fissiamo il nostro sguardo sulla storia di questa donna anonima, senza nome. È una madre greca, di origine siro-fenicia, quindi straniera, che nella disperazione per la condizione della figlia, va da Gesù a implorare l’aiuto. La replica di Gesù però è incompressibile: Ed egli le disse: «Lascia prima che si sfamino i figli; non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Spesso nella vita della fede ci si aspetta di ricevere solo le carezze. E di Gesù ci immaginiamo forse solo la sua tenerezza, la sua bontà. Ma alla luce del vangelo di oggi si intuisce che nel credere ci si può anche scontrare con paradossi, come la sensazione di non essere ascoltati, di sentirsi esclusi, lasciati da parte, abbandonati, ignorati… e se non si è forti interiormente si cade facilmente nello scoraggiamento. Tuttavia mai dobbiamo dimenticare che avere fede significa anche saper starci proprio quando credere sembra la cosa più difficile, quando tutto sembra assurdo, senza via d’uscita. La donna del vangelo ci dà una grandissima lezione: “Ma essa replicò: «Sì, Signore, ma anche i cagnolini sotto la tavola mangiano delle briciole dei figli». Allora le disse: «Per questa tua parola va’, il demonio è uscito da tua figlia». Tornata a casa, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato”. Ecco che cosa significa credere: fidarsi di Dio, anche nelle assurdità della vita. Impariamo pertanto l’insistenza nei paradossi della quotidianità (Monaci Benedettini Silvestrini).
«Gesù cammina e cresce nella fede, imparando qualcosa su Dio e sull’uomo dall’amore e dall’intelligenza di una madre straniera. Da questo incontro di frontiera, da un dialogo fra stranieri prima brusco e poi rasserenante, emerge un sogno: la terra vista come un’unica grande casa, una tavola ricca di pane, una corona di figli. Una casa dove nessuno, neppure i cuccioli, ha più fame. Dove non ci sono noi e gli altri, uomini e no, ma solo figli e fame da saziare. Dove ognuno, come Gesù, impara da ognuno. Sogno che abita Dio e ogni cuore buono» (Padre Ermes Ronchi).