Tempo ordinario (V)
«Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo» (Mc 7, 16)
I farisei erano ossessionati dalla purezza: distinguevano e catalogavano tutto ciò che, a loro parere, la Legge considerava puro, cioè vicino a Dio, da ciò che, invece, allontanava dalla santità. Atteggiamenti, luoghi, oggetti, cibo… ogni aspetto della vita era sottoposto alle norme di purità rituale che difficilmente si riusciva a vivere in pienezza. Così la lista dei cibi proibiti, nata in un contesto in cui si faceva particolare attenzione alle norme igienico-sanitarie, era diventata nuovamente l’occasione per classificare i devoti, che la rispettavano, dal popolino, che era ben contento di qualunque cibo, pur di mangiare. Gesù, con sconcertante semplicità, usa un linguaggio molto diretto: non c’è nulla che, da fuori, possa rendere impuro il cuore dell’uomo. È la nostra coscienza, la nostra mente, la nostra volontà che sono capaci di elaborare pensieri e azioni positive o negative. Da dentro proviene la purezza o la contaminazione, non certo dall’esterno! Vegliamo sui nostri pensieri e sul nostro linguaggio, oggi, perché possiamo avere pensieri solo positivi e luminosi, come si conviene ad un discepolo del Signore (Curtaz Paolo).
«L’azione specifica della purezza consiste nell’unificare le energie dell’anima in una passione unica, straordinariamente ricca e intensa. L’anima pura è quella che superando la molteplice e disgregante attrazione delle cose, tempra la propria unità(cioè matura la propria spiritualità) alla fiamma della semplicità divina» (P. Teilhard de Chardin).
«La libertà di scegliere permette di proiettare la propria vita e coltivare il meglio di sé, ma, se non ha obiettivi nobili e disciplina personale, degenera in una incapacità di donarsi generosamente. Di fatto, in molti paesi dove diminuisce il numero di matrimoni, cresce il numero di persone che decidono di vivere sole, o che convivono senza coabitare. Possiamo rilevare anche un lodevole senso di giustizia; però, se male inteso, esso trasforma i cittadini in clienti che pretendono soltanto la prestazione di servizi» (Francesco, Amoris laetitia, 33).