7 maggio – martedì VI settimana di pasqua
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi. E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato» (Gv 16, 5-11).
Il cuore dei discepoli, di fronte all’annuncio di Gesù, è invaso dalla tristezza. San Tommaso d’Aquino definisce la tristezza come il desidero di qualcosa che ci manca, di un bene assente. Noi pure conosciamo molto bene questa tristezza, che spesso invade il nostro cuore quando veniamo visitati dal dolore, dalla malattia, dalla morte, da un fallimento, da una contrarietà; tristezza che può diventare un peccato nella misura in cui cede il posto allo scoraggiamento e alla disperazione. Quando però i discepoli conosceranno la risurrezione del Signore, allora la loro tristezza per la morte del Maestro si muterà in gioia. Così è anche per noi che, tra le lacrime e le afflizioni, aneliamo all’eternità. La morte di Gesù – è lui stesso a dircelo – è il nostro bene: nella sua morte ogni morte diviene fonte di vita. Lo crediamo davvero? A volte sì, a volte no. Ce ne accorgiamo dal fatto che spesso ci difendiamo dalla “morte”, perché in fondo fatichiamo a credere all’amore di Dio per noi. Lo Spirito viene in nostro aiuto e ci convince riguardo al peccato, il vero nemico da temere e da combattere, perché ci allontana da Dio e ci condanna a una vita sterile e infelice, ripiegata su noi stessi e sulle nostre trovate per sfuggire alla morte (don Paolo Ciccotti, Sulla tua Parola, Il messalino. Editrice Shalom, Maggio 2024).
p style=“text-align: right;”A cura di don Gian Franco Poli