Tempo ordinario (V)
«Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini» (Mc 7, 8)
«Nel brano evangelico Gesù colpisce alla radice la tendenza di dare più importanza ai gesti e ai riti esteriori che alle disposizioni del cuore. Oggi però possiamo cogliere in quella pagina di Vangelo un insegnamento di ordine non solo individuale, ma anche sociale e collettivo. Ci indigniamo vedendo immagini di uccelli marini che escono dalle acque inquinate da chiazze di petrolio, ricoperti di catrame e incapaci di volare, ma non facciamo altrettanto per i nostri bambini precocemente viziati e spenti» (Card. Raniero Cantamessa).
Gesù si oppone al tentativo di diminuire l’uomo costringendolo in un formalismo, in un legalismo piccolo, meschino, che dà grande importanza a cose che non ne hanno, che sono indifferenti, trasformando la religione in qualcosa di esterno, privo di valore davanti a Dio.Ogni cosa deve essere al posto giusto. Se una piccola cosa ha piccola importanza, non bisogna drammatizzarla; non bisogna trovare scandalo in una cosa che è piccola in sé stessa. È piccola e deve rimanere piccola.Sono le cose importanti che fanno l’uomo grande, nella fedeltà, certamente, aicomandamenti di Dio, che non vuole che l’uomo sminuisca sé stesso ma sia veramente un uomo cosciente, libero, amante del bene. Chiediamo al Signore che ci dia di essere fieri della vocazione umana e ci comunichi il sentimento profondo della nostra grandezza e della sua ambizione per ogni uomo.
«Nel Vangelo il Signore dice: Io sono la verità. Non dice: Io sono la consuetudine» (Agostino). Il rischio è che la consuetudine prevarichi sulla verità divenendo tradizione immutabile e sacralizzata quando altro non è che cattiva o pessima abitudine: «La consuetudine non deve impedire che la verità prevalga. Infatti, la consuetudine senza la verità è errore inveterato» (Cipriano). Una consuetudine, magari nata «da una certa ignoranza o da dabbenaggine, con l’andar del tempo si radica sempre più e si trasforma in prassi abituale, e così ad essa ci si appella in opposizione alla verità» (Tertulliano).