XXVI settimana del tempo ordinario
In quel tempo, Gesù disse:«Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsaida! Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi.E tu, Cafarnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!
Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato» (Lc 10, 13-16).
Dio ha pazienza, certo, ma la sua pazienza non è debolezza di carattere. Dio è buono, così ci ha svelato Gesù, ma non è un Babbo Natale pacioccone. Dio è misericordioso, certo, ma se restiamo nel pantano dei nostri vizi e dei nostri peccati questa misericordia non cambia il nostro cuore. Dio è tenerezza, così crediamo, ma la tenerezza non sostituisce il nostro impegno al cambiamento, ma lo suscita e lo accompagna. Gesù è dolorosamente colpito dall’indifferenza e dalla reazione delle città della Galilea nei suoi confronti. Tutti seduti sulle proprie certezze religiose, certi di essere dei prescelti, degli eletti, gli ebrei non si preoccupano di coltivare la propria fede e non riconoscono i profeti come Gesù. Così Gesù annota, amaramente, come le città pagane del passato si siano convertite, davanti alla sollecitazione degli uomini di Dio, cosa che le città blasonate della fede ebraica non sanno fare. Anche noi rischiamo di confrontarci con il mondo attorno e di trovarci migliori, di essere, tutto sommato, in grazia di Dio. Ma questa certezza diventa sicumera pericolosa e mortale se non si apre alla continua conversione!
A cura di Paolo Curtaz