Sal 146/7
«Beati coloro che aspettano il Signore», recita il ritornello del Salmo. L’attesa è la chiave di volta dell’esistenza che ci protende verso qualcosa di vitale, anzi verso Qualcuno che è il fine e il compimento della storia. Pensiamo a un albero con le radici ben sprofondate nel terreno: non crescerebbe se non fosse continuamente proteso verso l’alto, se i suoi rami non “sfidassero” le leggi gravitazionali per allungarsi d’istinto verso il cielo. Così siamo anche noi. Una forza istintiva ci spinge verso il basso ma, insieme, ci protende in alto. Ci troviamo a vivere così tra il già e il non ancora. È la nostra condizione umana. È un tratto di storia che si protende a ricevere il dono gratuito di Dio, ma che chiede anche la nostra parte di responsabilità: chiede «operai» per una messe che matura da sola al calore del sole, ma che ha bisogno di noi per crescere e portare frutto.