IV. Tempo ordinario
«Saranno consolati»(Mt 5,4)
La nostra chiamata ad essere felici non ci esonera dal ricordare che accanto a noi c’è chi è nella sofferenza o in una prova difficile da gestire. Gesù ci insegna quale sia la prima regola della “felicità”: ricominciare da noi per ricominciare con lui. Si tratta di ricominciare alla rovescia, di cambiare la logica delle scelte da privilegiare.
Le “dieci parole” pronunciate da Gesù ci aiutano ad accogliere la nostra condizione come un luogo interiore di cambiamento; dal “monte delle beatitudini” si scende per celebrare la vita secondo le logiche evangeliche. Solo se adottiamo questa linea di vita potremo sperimentare a nostra volta la pienezza della gioia.
Oggi, la 70a giornata mondiale dei malati di lebbra, ci sprona a collaborare fattivamente e attivamente affinché ad ogni uomo sia assicurato l’inalienabile diritto ad una vita dignitosa, senza limiti o restrizioni e soprattutto senza isolamenti. Per compiere tutto ciò la comunità ecclesiale è chiamata in prima persona a spendersi, consapevole, come amava ripetere Raoul Follereau, che «nessuno ha il diritto di essere felice da solo».Celebriamo, pertanto, con cuore e sensibilità la Giornata Mondiale sostenendo i fratelli lebbrosi con la preghiera e adoperiamoci affinché grazie al generoso contributo economico delle nostre Comunità parrocchiali tanti malati possano ottenere le giuste cure e reinserirsi nel circuito di una quotidianità normale.
Ciò che muoveva Cristo nel profondo nell’incontro con i lebbrosi deve ora ispirarci tutti, nella Chiesa e nella società. Papa Francesco, riflettendo sulla guarigione del lebbroso ad opera di Gesù, ha indicato il potere e l’efficacia di Dio nel venire incontro al nostro desiderio più profondo di essere amati e accuditi. La misericordia di Dio, ha spiegato il Pontefice all’Angelus del 15 febbraio del 2015, «supera ogni barriera. Non si pone a distanza di sicurezza e non agisce per delega, ma si espone direttamente al contagio del nostro male».