venerdì – San Vincenzo de’ Paoli – presbitero
Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno» (Lc 9, 18-22).
Luca riporta l’episodio di Cesarea di Filippo, l’attuale Banias, all’estremo Nord di Israele, alle sorgenti del Giordano, ricalcando racconti di Marco e di Matteo, semplificandolo all’estremo. Ma c’è un dettaglio che riporta all’inizio e che ci aiuta a riflettere: la domanda che il Signore rivolge ai suoi discepoli, la gente chi dice che io sia? e ma voi chi dite che io sia?, avviene in un contesto di preghiera. Gesù si trova in un luogo solitario a pregare, ormai è da alcuni anni che dedica il suo tempo all’annuncio del Regno, in compagnia di un gruppo di discepoli che si è scelto. I discepoli lo hanno seguito, affascinati dall’autorevolezza delle sue parole ed ora si interrogano su chi sia veramente il Nazareno. Più di un rabbino, certo, più di un predicatore e di un guaritore. Forse anche più di un profeta. Ma Gesù vuole aiutarli a fare il salto, a guardarsi dentro per osare, per professare la loro fede. E per farlo hanno bisogno anch’essi di solitudine e di preghiera. Possiamo giungere a riconoscere in Gesù il Messia solo se scopriamo la nostra interiorità, solo se dimoriamo nella preghiera. In quel contesto tutto ci appare più chiaro e luminoso.
p style=“text-align: right;”A cura di Paolo Curtaz