Il Regno, nella parabola che oggi la liturgia ci presenta, è paragonato al seme, la cui forza vitale si sprigiona proprio dalla sua morte. Questa, ben lontano dal volerlo distruggere, è invece la condizione perché germogli e si manifesti in tutta la sua potenza. Questo seme a volte non produce a causa delle spine o del terreno sassoso e se produce non sempre è al centuplo come si vorrebbe. L’opera di Dio passa attraverso le difficoltà, il fallimento, il nascondimento, l’attesa paziente e la piccolezza, come ha fatto Lui attraverso l’incarnazione. Non dobbiamo quindi scoraggiarci, ma sperare, certi che la parola di Dio è un seme che non può non produrre l’effetto per cui è mandata. Il nostro compito non è “quantificare la resa”, ma con gratuità continuare a seminare. Questo significa continuare, giorno dopo giorno, di cercare e fare il Bene, anche se apparentemente il mondo non cambia. Se perseveriamo, proprio quando non ce lo aspettiamo, il Signore ci concederà anche di vedere il seme che germoglia, l’importante è: non stancarsi di seminare.