Santi Gioacchino e Anna
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti» (Mt 13, 1-9).
Gesù esce di casa: la «casa» nel vangelo è spesso il luogo di una formazione a parte per i discepoli o per la cerchia ancora più ristretta degli apostoli. Adesso Gesù siede in una barca in riva al lago di Gennesaret e la folla sulla spiaggia lo ascolta: quello che ora viene detto non è riservato a pochi, deve valere per tutti. Gesù parla in «parabole», ci dice l’evangelista: siamo invitati a prestare attenzione anche a questo tema, perché è importante capire quale significato abbia l’uso delle parabole da parte di Gesù. Il brano di domani sarà utile a questo proposito. La parabola del seminatore è chiara e trova una applicazione immediata nella nostra vita. Forse è proprio questo il pericolo che minaccia la nostra lettura: la parabola è tanto ovvia, tanto trasparente, che scorre via senza fermarsi e farci riflettere. O forse siamo tentati di pensare a diverse persone che conosciamo e che ci pare possano rappresentare i vari tipi di terreno infecondo…insomma, pensiamo agli «altri». In realtà, la parabola è il richiamo di una tremenda responsabilità che abbiamo tutti e ciascuno. Dio ci parla in tanti modi, «semina» in noi la sua parola: non solo quando leggiamo le Scritture, personalmente o nella celebrazione liturgica, ma nei fatti, negli avvenimenti, negli incontri, nelle avversità, nelle ore tristi e in quelle liete. Portare frutto significa essere attenti ed aperti all’azione di Dio, al suo disegno che lentamente si realizza, al suo regno che impercettibilmente viene. La vedo, io, l’azione di Dio che, senza fretta, sta preparando l’avvento del suo regno? E se mi dovessi paragonare ad uno dei «terreni», quale dovrei scegliere?
A cura di don Gian Franco Poli