Voler credere è già credere. Spesso è l’unica forma di fede che dipende da noi.
Il dialogo con Nicodemo raggiunge l’apice nella rivelazione della missioneFiglio unigenito dato a noi dal Padre per grande amore. Ed è proprio la risurrezione la prova che Dio lo ha mandato perché il mondo sia salvato; infatti Gesù è stato risuscitato per la nostra giustificazione. Credere nel nome dell’unigenito è accogliere il volto misericordioso ed eternamente amante del Padre.
Ha scritto il filosofo Kiekegaard che «non importa sapere se Dio esiste; importa sapere che Dio è amore». Perciò“se il vento non spegne la fiamma, la irrobustisce”, così la nostra fede è sottoposta per natura al dubbio e alla tentazione, che è ciò che la rende più umana e meritoria, dandoci la possibilità di trasformare la “notte scura della fede” in ricerca:«Quando canto la felicità dal cielo, non canto ciò che sento, ma ciò che voglio credere» (S. Teresa di Gesù Bambino).