sabato della XXXIII settimana del tempo ordinario
Lc 20, 27-40
I sadducei, il partito aristocratico-conservatore legato all’alto clero giudaico, non credevano nella risurrezione perché priva di fondamento nella parte della Scrittura che essi accettavano, cioè il solo Pentateuco, mentre tale credenza è affermata per la prima volta nel libro di Daniele, due secoli prima di Cristo. Con la storiella dei sette fratelli (la legge del cosiddetto “levirato” che tirano in ballo, era al tempo praticamente decaduta), volevano mettere in ridicolo Gesù e la credenza nella risurrezione che da tempo, invece, era fortemente radicata nel popolo. Nella sua risposta, Gesù fa cadere la premessa fondamentale dei sadducei: che la vita nell’età futura, cioè, sarebbe una continuazione di quella presente donde la necessità della propagazione umana per non farla cessare. Egli parla, infatti, di due “mondi”: quello presente e quello futuro, che sarà una “nuova creazione”. Il matrimonio è una istituzione del mondo presente in quanto è necessario alla conservazione del genere umano. Ma coloro che con la risurrezione sono entrati nel mondo a venire, non hanno più bisogno del matrimonio perché sono immortali, e sono immortali perché la loro natura è uguale a quella degli angeli. Non nel senso che saranno “incorporei”, bensì che la “corporeità” dei risorti sarà completamente diversa da quella terrena. Il pensiero che sono destinato ad una “nuova creazione”, ad una vita indicibilmente più bella di questa che vivo ora, mi aiuta a superare le difficoltà della vita? Mi dà forza?
P style=“text-align: right;”A cura di Don Gian Franco Poli