giovedì – Beata Vergine Maria Regina
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti» (Lc 1, 16-38).
La parabola raccolta da Matteo mischia diversi piani, salta subito agli occhi, inserzioni derivanti, probabilmente, da altri detti di Gesù. La prima parte racconta del rifiuto degli invitati, troppo occupati dalle cose di questo mondo per pensare seriamente a Dio. Anche noi corriamo il rischio di essere troppo indaffarati per gioire. I luoghi comuni, durissimi a morire e fomentati dai cattolici troppo devoti, continuano a relegare la fede nelle attività doverose ma noiose, da fare il meno possibile. È giusto, credere, doveroso, certo, ma mortalmente noioso. Meglio fare come gli operai dell’ultima ora, godere la vita e i suoi eccessi per poi pentirsi verso il tramonto della vita. La città in fiamme interrompe il racconto, è Matteo ad avere inserito quella frase, come una chiave di lettura degli eventi cui ha assistito: l’assedio e la distruzione di Gerusalemme. È come se dicesse: il rifiuto, da parte della classe sacerdotale, della predicazione di Gesù ha provocato un indurimento del cuore, l’allontanamento da Dio che, come conseguenza, produce una catastrofe. No, Dio non punisce, non scherziamo. Ma se la nostra vita si gioca fuori dalla logica di Dio, se ostinatamente rifiutiamo di partecipare al banchetto nuziale, allora la nostra vita può sprofondare nelle tenebre.
p style=“text-align: right;”A cura di Curtaz Paolo