lunedì della XXIX settimana del tempo ordinario
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e divertiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio» (Lc 12, 13-21).
Inizia una lunga meditazione (fino al v. 34) sulle deleterie conseguenze del possedere. “Uno della folla” chiede a Gesù di intervenire in una lite per eredità: in oriente, era molto comune rivolgersi ad un’autorità religiosa anche per questioni, diciamo così, “laiche”. Gesù si rifiuta di intervenire: non rientra nella sua missione, che è ben altra. E del resto non ha alcun interesse ad aiutare una persona ad ottenere del denaro, valore puramente umano e tra l’altro molto pericoloso. E per meglio chiarire il pensiero di Gesù, Luca aggiunge il racconto del ricco stolto come esempio: stolto perché pensava di potersi assicurare la vita con ciò che possedeva e di potersela formare secondo il proprio desiderio, senza tenere conto della possibilità di una morte improvvisa. Non si dice che quell’uomo fosse avaro, insensibile, egoista: si dice solo che fondava la sua sicurezza per l’avvenire, sulle ricchezze che si rivelano quindi possesso assolutamente illusorio. Qualche predicatore dice che “i soldi non danno la felicità”, ma qualcuno risponde che “la miseria ne dà ancora meno”: e può vere anche ragione. Ma il nostro brano vuole insegnare a dare ai beni terreni unicamente il valore che hanno, e niente più. Anche rispetto alla sola vita fisica, non possono dare nessuna “sicurezza”, come vuole dimostrare il racconto. In altri passi del vangelo (per es. Lc 9,25) viene stabilito un rapporto tra la ricchezza e la vita eterna: non solo le ricchezze non danno alcuna sicurezza, ma sono un forte ostacolo. E l’esortazione ripetuta è di usarle per prepararsi un tesoro in cielo, con l’elemosina per esempio. Dire “elemosina” oggi è addirittura offensivo: dirò “condividere”, “farne parte a chi è nel bisogno”, “alleviare le sofferenze degli altri”, o in altri modi. Ma il problema non sta nelle parole, sta nel mio comportamento concreto: sono sicuro di non meritare il rimprovero di “raccogliere tesori per me e non essere ricco davanti a Dio”?
p style=“text-align: right;”A cura di Don Gian Franco Poli