XVI domenica del tempo ordinario
La liturgia della parola di Dio di questa sedicesima domenica del tempo ordinario offre una profonda riflessione a tutti i pastori della Chiesa, soprattutto ai sacerdoti che hanno la cura delle anime e sono stati scelti per essere guide sagge e sante del popolo santo di Dio, affidato a loro mediante i vari ministeri nella Chiesa e in particolare quello di parroco.
Il profeta Geremia, nella prima lettura di questa domenica, porta l’attenzione, quale messaggero di Dio, su quei pastori che non fanno il loro dovere, i quali invece di unire le pecore, in realtà le disperdono; invece di costruire la comunità, la distruggono con i loro comportamenti non rispondenti alla missione di pastori veri ed autentici. Su questi pastori disattenti e disaffezionati al gregge interverrà il Signore e farà pulizia e giustizia. Parola attualissima per tante situazioni di scandalo che si sono prodotte nella chiesa per comportamenti soggettivi e individuali che hanno macchiato il volto luminoso della comunità dei credenti e sacerdotale, la cui quasi totalità ha dato e continua a dare buon esempio in tutti i settori della vita ecclesiale. Punizione dei reprobi, promozione di quei pastori che faranno pascolare le pecore, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; sapranno essere unificanti al punto tale che nel gregge non mancherà neppure una delle pecorelle, cioè dei fedeli. Pastori, quindi che saranno guide aggreganti e oranti, rispondenti alla volontà di Dio e sintonia con i dettami del cielo. Ad integrazione della prima lettura, nel Vangelo di Marco di questa domenica, troviamo Gesù alle prese con i suoi apostoli, che, dopo l’attività, hanno bisogno di riposarsi. E lui come buona guida del gruppo se li porta in disparte, in un luogo solitario, loro soli, per recuperare energie fisiche e spirituali, per poi ripartire con la missione, visto che erano molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Gesù per favorire questo momento di pausa con il gruppo, indicò di prendere le barche ed andare all’altra sponda. Ma la gente capì e mossa dal desiderio di incontrare Gesù, precedette Gesù e gli Apostoli, i quali quando videro questo zelo e questo fervore, rimasero meravigliati e commossi. Tanto è vero, Marco, come ottimo cronista scrive, riguardo a Gesù “Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose”. Gesù prende in mano la situazione e si accorge che effettivamente egli deve dare la sua risposta alle richieste di quella gente in cerca di sicurezze, in considerazione del fatto che era smarita e senza guida di pastori, di cui aveva ben detto il profeta Geremia, denunciandone il comportamento per nulla attento alla loro missione e vocazione.
Gesù, quindi, ebbe compassione di quella gente ed entra nei loro pensieri e nelle loro sofferenze, al punto tale che inizia a fare il Maestro per chi vuole ascoltare la verità e desidera incamminarsi sulle vie certe di Dio, annunciate proprio da Lui, il Figlio di Dio in persona. In sintonia con questi testi che si integrano a vicenda e si completano nei contenuti pastorali, etici e spirituali, nonché vocazionali, nella seconda lettura di oggi, tratta dalla Lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini, viene richiamato alla nostra attenzione il cammino di conversione che l’umanità intera ha fatto, in riferimento alla morte e risurrezione di Cristo, mistero pasquale e di redenzione, portato a compimento da nostro Signore Gesù Cristo.
Noi che un tempo eravamo “lontani da Dio, siamo diventati vicini a Lui grazie al sangue di Cristo”. Le ragioni teologiche di questo cambiamento sostanziale della nostra nuova dignità stanno nelle affermazioni che l’Apostolo fa di nostro Signore Gesù Cristo, mettendo in risalto la sua missione redentiva, pacificatrice, salvatrice, unificatrice: “Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne”.
Gesù supera la legge scritta nei libri, per entrare nella legge dell’amore e della coscienza, del cuore dell’uomo che vuole accogliere sinceramente la proposta di salvezza che viene dal Redentore: “Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia”.
Gesù è il vero pacificatore dell’umanità, in quanto rivolge a tutti i suoi messaggi di amore e di riconciliazione. “Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito”.
Cristo, quindi, centro di unità e di unificazione di quanti hanno fede e credono nell’unico e vero Dio che ci ha salvato mediante la croce del suo Figlio. Di fronte a queste bellissime prospettive di religiosità autentica, la fede di coloro che si professano cristiani, si esprime con la preghiera di lode e di ringraziamento, rivolta a Dio con la consapevolezza che chiedere unità, pace, giustizia è un dovere di tutti e tutti dobbiamo lavorare per costruire un mondo più a misura d’uomo, se lo fondiamo sull’amore portato da Cristo con la sua croce. Sia questa la nostra preghiera per il giorno del Signore, questa nuova domenica che ci concede il Signore per la nostra santificazione: “Dona ancora, o Padre, alla tua Chiesa, convocata per la Pasqua settimanale, di gustare nella parola e nel pane di vita la presenza del tuo Figlio, perché riconosciamo in lui il vero profeta e pastore, che ci guida alle sorgenti della gioia eterna”. Amen.
p style=“text-align: right;”A cura di Padre Antonio Rungi