21 luglio 2023

XV settimana del tempo ordinario

In quel tempo, Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle.Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato».Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato» (Mt 12, 1-8).
L’insegnamento che scaturisce dalle parole di Gesù, era molto “attuale” a suo tempo e molto importante, data la situazione di rigorismo ingiustificato e oppressivo che i rabbini avevano creato per la gente comune. I discepoli veniva considerati colpevoli non perché “rubavano” (la loro azione era ammessa dalla legge) ma perché raccogliere qualche spiga per sfamarsi, era “lavoro” e durante il sabato era proibito lavorare: essi infrangevano una legge cultuale. Oggi le cose sono diverse, ma il brano ci suggerisce ugualmente utili riflessioni. Gesù non ha abolito il “sabato”: lo ha subordinato a valori più grandi, quali l’amore, la compassione, la misericordia. Invece si dà il caso che la domenica l’abbiano abolita i cristiani stessi, nel senso che non è più (se mai lo è stata) una pausa per dedicarsi con maggiore intensità, alla “vita interiore”, a Dio, alla preghiera… Certo, i cristiani vanno a messa: ma chi direbbe che le messe dominicali sono il “culmine e la sorgente” della vita cristiana? In genere sono una fredda esecuzione di gesti più o meno comprensibili: un borbottare monotono di parole, che con la nostra vita reale non c’entrano per niente. E un atteggiamento che ci avvicina a quello dei farisei, può essere il credere che noi facciamo “tutto” quello che Dio può pretendere da noi, perché andiamo a messa e partecipiamo ai pellegrinaggi, qualche volta facciamo l’elemosina e prima di mangiare facciamo il segno della croce. Come la vivo, io, la domenica? La messa, per me, è una festa che celebro con tanti fratelli, nella quale il Cristo ci libera, ci salva, ci affratella facendo di noi un popolo esultante, gioioso, liberato? Per me la messa è un’esperienza che mi appaga e mi dà tanta gioia? O mi annoia?

A cura di don Gian Franco Poli