Sabato della VI settimana di Pasqua
«In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità, in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete perché la vostra gioia sia piena. Queste cose vi ho detto in modo velato, ma viene l’ora in cui non vi parlerò più in modo velato, ma apertamente vi parlerò del Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome e io non vi dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me, e avete creduto che io sono venuto da Dio. Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre» (Gv 16,23-28).
In questo brano evangelico Gesù invita i suoi discepoli a chiedere al Padre nel Suo nome. «Qualunque cosa chiederete al Padre nel mio nome, ve la darà». “Con l’espressione qualunque cosa si intende non qualsiasi cosa, ma ciò che nei confronti della beatitudine eterna abbia qualche importanza” (S. Agostino). «Finora non avete chiesto nulla nel mio nome, chiedete e riceverete, affinché la vostra gioia sia completa». Ancora S. Agostino ci aiuta a comprendere quel finora non avete chiesto nulla nel mio nome: “Si può intendere nel senso che, quanto sino allora avevano chiesto, era nulla in confronto alla vita eterna che dovevano chiedere. È dunque per impegnarli a chiedere nel Suo nome che li esorta a chiedere non ciò che è nulla, ma ciò che può rendere perfetta la loro gioia. E la divina misericordia non defrauderà i suoi eletti che sono perseveranti nel chiedere questo bene”. Lo Spirito è l’Amore tra il Padre e il Figlio, e cosa potrà colmarci pienamente di gioia se non il sentirci amati da Dio dello stesso Amore con cui si amano il Padre e il Figlio? Gesù a differenza di tanti maestri e sapienti della storia dell’umanità, ha fatto molto di più che lasciarci un programma di vita. Ci ha inviato lo Spirito che ci rende figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Padre”. Ci ha dato la possibilità di entrare nel mistero della sua stessa figliolanza, di essere compartecipi del Suo essere Figlio di Dio, di diventare un tutt’uno con Lui ed elevare così al Padre una supplica ben accetta, perché solo in Lui il Padre si è compiaciuto. Gesù, primizia dei risorti, viene così a dirci che quella gloria ottenuta nella croce è la condizione donata a tutti coloro che sono disposti a lasciarsi investire da questo mistero.
La nostra preghiera dunque non è soltanto nostra, essa è anche e soprattutto quella di Cristo. Così terminano le preghiere liturgiche e così deve terminare la nostra: per Cristo nostro Signore.
A cura di Maria Massimiani, Ov