XX domenica del tempo ordinario
In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita (Mt 15, 21-28).
La comunità cristiana è continuamente sollecitata a ricostruire la propria identità spirituale e umana nell’ottica della giustizia e della carità. Questa prospettiva è ben presente in Isaia, il quale la lega alla salvezza, poiché il venire di Dio non è mai un semplice parlare, ma sempre un intervenire nell’area dei fatti.
A questo riguardo le parole: osservate il diritto e praticate la giustizia, perché prossima a venire è la mia salvezza; la mia giustizia sta per rivelarsi (Is 56, 1-2) confermano questa tensione e ribadiscono come la giustizia sia la condizione preliminare alla venuta di Dio.
Dio ha sempre l’abitudine di completare il discorso della giustizia con quello della bontà. Chiare, a questo riguardo, le parole del Salmo 66: su di noi faccia splendere il suo volto; perché si conosca sulla terra la tua via, tra tutte le genti la tua salvezza. Esultino le genti e si rallegrino, perché giudichi i popoli con giustizia, governi le nazioni sulla terra.
Oggi come credenti siamo invitati a rivedere la nostra partecipazione alla costruzione del regno diventando ricercatori della giustizia, della bontà in una visione salvifica dell’esistenza e con la determinazione a prendere parte attiva a tutta l’opera con la quale Dio non cessa di rendere più bella la creazione. Non è sempre facile aderire a questo progetto, diventare corresponsabili di quella vocazione che Paolo non ha timore di ricordarci che è un dono irrevocabile (Rm 11, 13..). A questo riguardo, le letture ci aiutano a riconsiderare la nostra partecipazione in termini di gioia, di lode, di gratitudine.
Non possiamo essere cristiani solo a parole, i nostri gesti, discorsi devono confermare la linea vincente del Vangelo. Non sono condizionamenti di nessun tipo, limiti; il cristiano rivela la sua identità nel lavorare “dentro la città” con l’obiettivo di costruire una città eterna duratura. L’alleanza è sicuramente il modello di riferimento, il luogo per significare questa identità forte. Da qui la necessità di lavorare al consolidamento di una esistenza cristiana che prediliga l’interiorità, che abbia a cuore il vero culto e la scelta di Dio come punto fermo e non come un accessorio qualsiasi da utilizzare al momento opportuno. I cristiani devono apparire con la loro visibilità e intensità spirituale.
La gestione dei doni di Dio
È opportuno ricordare che Dio non ritira mai i doni che ha dato a ciascuno di noi, poiché “non si pente dei suoi doni e della sua chiamata” (Rm 11, 28), ma è logico che esige una gestione oculata e feconda.
Lui non applica i criteri matematici, ma chiede una partecipazione piena all’esistenza. Contestualmente i doni ricordano l’impegno ad arricchire i fratelli e le sorelle a far circolare l’unità, a combattere l’esclusione, la divisione, l’emarginazione.
I doni sono la base di nuove esperienze, condizioni di novità e di speranza per il consolidamento di una comunità cristiana attenta a tutti, ma soprattutto ai più deboli. I doni personali, così diversi e complementari, sono il segno di una presenza nella comunità che si arricchisce di tutti e a tutti chiede di contribuire per la realizzazione del piano salvifico.
I doni non possono suscitare gelosie, reazioni tra i credenti. Il dono che ho non è mai in concorrenza con quello del fratello, ma esprime una particolare delicatezza di Dio nei confronti della persona. I doni non sono un bene di potere, ma di servizio, non vanno gestiti con i criteri dell’interesse e del tornaconto, ma con l’amore, poiché sono espressione tangibile di quell’amore infinito che Dio, da sempre, ha messo in circolazione per il bene di tutta l’umanità. Non possiamo mai servirsi dei doni per le nostre rivendicazioni personali, ma unicamente per ampliare l’azione ricostruttrice e santificatrice di Dio.
Insistere per le cose di Dio serve!
Donna, davvero grande è la tua fede (Mt 15, 28) rivela come Gesù si sia lasciato condurre dall’insistenza di questa donna Cananea, che offre una lezione di preghiera attraverso la fede semplice e genuina. La richiesta specifica della donna prende Gesù, soprattutto perché vuole entrare in dialogo con colui che ha conosciuto attraverso le parole della gente. Vuole essere lei a chiedere anche se rivela un bisogno specifico, ma ciò non la condiziona e gli fa dire Signore, aiutami. Il dibattito verte tra “il pane dei figli e i cagnolini”, quasi a spiegare che lui non è un pronto soccorso e la sua missione non è quella di risolvere tutti i problemi della gente. Si potrebbe pensare ad una reazione fastidiosa da parte del Maestro, ma Matteo ricalca la richiesta della donna come il motivo del fermare l’attenzione di Gesù sul fatto che lui “può”. Su questo si deve riscoprire la nostra fede, proprio sulla capacità di fermare Gesù, di permettergli di essere attratto dalla nostra vita. La donna è simbolo di una fede naturale, condizione indispensabile per sopravvivere di fronte alla notizia che la figlia è “crudelmente tormentata da un demonio” (Mt 15, 22).
Quali tormenti, oggi, ci tolgono la pace, ci allontanano da Dio, ci fanno percorrere strane vie? La risposta è nella donna che sa riconoscere il ruolo di Gesù come Salvatore, come colui che può tutto. Questo esalta e rimanda all’esigenza di camminare con il figlio di Dio, di saper ritrovare il gusto per le piccole richieste, la necessità di non arrendersi, il coraggio di avere con il figlio un rapporto particolare. Gesù si piega davanti alla richiesta di questa donna dicendogli “ti sia fatto come desideri” (Mt 15, 28). Questo è il miracolo, non solo per la figlia, ma soprattutto per lei, che attraverso l’esperienza dolorosa trova la strada del Cristo.
Anche per il credente si può dire che ci sono momenti nei quali è difficile accettare gli eventi, qualsiasi siano le esperienze che troviamo lungo il nostro cammino. L’episodio evangelico ci aiuta a vivere l’esperienza attuale come una delle “briciole” che la provvidenza mette sul nostro percorso di vita. Accorgerci delle briciole equivale a saper guardare con interesse all’insieme dei nostri progetti, scoprire che propri le piccole cose possono cambiare le grandi, incominciando a rivalutare il lavoro, la vita di famiglia, le amicizie, le sofferenze, come tante occasioni nelle quali siamo chiamati a rivelare la nostra capacità di fermare Gesù, di chiedergli di guarirci. È la quotidianità a dover entrare in gioco, ad essere visitata dal passaggio di Gesù. Qualche volta non ci accorgiamo che sulla nostra strada Gesù è presente, soprattutto per ricordarci che siamo coinvolti in questo processo di guarigione attraverso il duro lavoro della fede.
A questo proposito, scrive Alessandro Pronzato: “abbiamo tutto, il mercato è stracolmo, c’è una molteplicità di offerte che ha dell’incredibile, il pane assume varietà di forme da soddisfare tutti i gusti, anche i più stravaganti, eppure la nostra fede, invece di rafforzarli sembra indebolirli sempre più. Per cui si cerca di puntellarla ricorrendo al miracolistico, al sensazionalistico, ai devozionalismi più ambigui, perfino alle pratiche esoteriche. C’è bisogno di apparizioni, eventi prodigiosi, imprese, clamorose, fenomeni straordinari…”. Una lezione, dunque, quella della donna Cananea, che ci chiede di prendere in mano la nostra fede per riavere la voglia di trattare con Gesù il nostro futuro.
A cura di Don Gian Franco Poli