Santissimo Corpo e Sangue di Cristo
Mc 14, 12-16.22-26
Sovente la festa del “Corpus Domini” è legata ai ricordi! Si, a quelli del giorno della Prima Comunione e della processione più importante per le vie del paese o del borgo. Non sembri un luogo comune ma è proprio così! Nei racconti della gente, anche di coloro che si considerano “fuori dal giro”, è la festa più cara, unitamente a quella del Santo Patrono.
Strade profumante dai fiori che annunciano l’estate, balconi con candide lenzuola bianche e drappi svolazzanti, bambini e donne tutti in fila davanti al Santissimo Sacramento, antichi canti popolari che condiscono la festa più coinvolgente. È un’esperienza attualissima e bellissima in onore del Figlio di Dio.
Non c’è altra occasione, come questa, per richiamare la gente, per far venire la voglia di fermarsi, anche solo per la curiosità di vedere chi c’è in processione, ma con l’inconscia dichiarazione di essere in qualche modo coinvolti da questo avvenimento, antico e nuovo allo stesso tempo.
Ha scritto don Pronzato che, “grazie all’Eucaristia, è possibile spezzare la crosta dura degli egoismi, dell’indifferenza. Che il mondo può diventare più abitabile, giusto, fraterno, e l’uomo più umano. Che qualche fiore riesce a far retrocedere il deserto”.
La festa del “Corpus Domini” ha questo potere, può veramente cambiare la vita di una persona, di una comunità, a condizione che si lasci “carta bianca” a Colui che viene, Gli si permetta di entrare per rimanere, per fissare la Sua stabile dimora, per contribuire a salvare l’umanità.
Colui che è Presente!
In paese o nel borgo, non manca nessuno a questa manifestazione popolare, a questo tributo al Pane Eucaristico, a Colui che è il Presente, lo Stabile per definizione. Non sembri strano, ma nel pensato della gente, l’Eucaristia è di tutti, fa parte del patrimonio comune.
Le ragioni di tale legame sono antichissime, risalgono al tempo del deserto, quando il popolo sperimenta la fatica del cammino e la presenza della “manna” (Dt 8,16) quale segno dell’attenzione di Dio. “Deserto” e “Manna” rimandano alla realtà, alla fatica della strada quotidiana e allo stesso tempo all’esperienza della presenza di Dio, al Suo esserci, non per risolvere i problemi contingenti, ma per garantire che c’è e per offrire un sostegno di eternità.
La vita non è facile per nessuno! Ogni giorno è un uscire allo scoperto, un affrontare situazioni e problemi nuovi, non sempre risolvibili come vorremmo noi. Le tradizioni, i tempi diversificati delle persone, i criteri di lettura dei fatti, la paura di uscire allo scoperto, la tentazione di rimandare la soluzione di alcune questioni, pesano non poco sulla strada di ogni individuo.
L’Eucaristia è nella vita dei credenti, il segno dell’Esserci nel Figlio, il quale ha dichiarato: Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo (Gv 6,51).
Gesù Cristo, oltre ad essere il “Tutto di Dio” è il “Presente” nei segni del “Pane” più nutriente. Il Suo venire conferma la strategia dell’Esserci di Dio, del camminare accanto all’umanità. Sempre attuali le parole del Deuteronomio: ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi. Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che neppure i tuoi padri avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore (8, 2-3).
La strada con questa “Presenza” non sarà più facile, Lui non toglierà gli ostacoli, ma sicuramente garantirà l’Esserci, informandoci lungo l’itinerario di ciò che è indispensabile e di ciò che è ingombrante. L’Eucaristia, mentre rivela la Presenza di Gesù Cristo nell’oggi, dispone chi lo desidera ad una gestione evangelica dell’esistenza, a scelte ispirate ai valori, all’essenziale, a ciò che è duraturo. Chiare le parole del Figlio di Dio: chi mangia questo pane vivrà in eterno (Gv 6, 58).
Dal “fare la comunione” ad “essere in comunione”
L’Eucaristia non può ridursi ad un gesto esclusivamente intimistico, che si consuma tra il Cristo e il credente, ma deve chiarire la strategia divina: …se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui (Gv 6, 53-56).
Il verbo chiave della festa odierna è “mangiare”! Gesù ripete continuamente: chi mangia di me, vivrà di me (Gv 6, 51). La scelta di fondo è racchiusa in questa scelta, non ci sono altre possibilità per chi vuole veramente alzare le proprie quotazioni come credente e come cittadino. Troppo spesso le informazioni catechistiche hanno impoverito il valore dell’Eucaristia, riducendola ad un “fare la comunione”.
Si rimane impressionati dai gesti della gente dopo aver ricevuto la comunione; c’è chi tiene la testa fra le mani, chi si china su sé stesso, chi chiude gli occhi. Gesti ricchi di valore e di senso, ma non coincidono con il valore proprio dell’Eucaristia che è “essere in comunione”.
Gesù viene per “essere in comunione” con noi, viene per alimentare la vita di fede, per confermare la Sua strategia di creare comunione con l’umanità. È sbagliato pensare ad un gesto isolato, chiuso tra due persone. L’Eucaristia è il segno per definizione della comunione, della relazione con gli altri, dell’uscire per raggiungere i fratelli, dell’arrivare dove nessuno pensa di giungere.
Chi ama è capace di fare “pazzie”; è creativo, coraggioso, entusiasta. A chi ama niente sembra impossibile. L’Eucaristia non può alimentare la teologia del “fare” ma dell’”essere”. Di fatto, ricevere la “comunione” è come firmata un impegno con quanti Lui decide di mette continuamente sulle nostre strade. È questa la decisione che siamo chiamati a prendere in questa giornata straordinaria, dove il Corpo e il Sangue di Cristo diventano “nutrimento” indispensabile per alzare la qualità dell’esistenza cristiana, dentro le grandi conseguenze eucaristiche.
L’uscita di Gesù Eucaristia per le nostre strade, ci aiuti a capire che questa è la dimensione da assumere se vogliamo veramente vivere in “comunione” con Lui e i fratelli, diventando capaci di uscire da noi stessi, dalle nostre idee, dai pregiudizi, dalle paure, dall’orgoglio per raggiungere i luoghi più cari a Lui. Questo è celebrare l’Eucaristia, questo è capire il valore di un Dio che non si stanca d’insegnare a tutti che la strada è il luogo dove si fa trovare continuamente. Adesso tocca a noi uscire!
p style=“text-align: right;”A cura di don Gian Franco Poli