venerdì della XV settimana del tempo ordinario
Mt 12. 1-8
L’insegnamento che scaturisce dalle parole di Gesù, era molto “attuale” a suo tempo e molto importante, data la situazione di rigorismo ingiustificato e oppressivo che i rabbini avevano creato per la gente comune. I discepoli veniva considerati colpevoli non perché “rubavano” (la loro azione era ammessa dalla legge) ma perché raccogliere qualche spiga per sfamarsi, era “lavoro” e durante il sabato era proibito lavorare: essi infrangevano una legge cultuale. Oggi le cose sono diverse, ma il brano ci suggerisce ugualmente utili riflessioni. Gesù non ha abolito il “sabato”: lo ha subordinato a valori più grandi, quali l’amore, la compassione, la misericordia. Invece si dà il caso che la domenica l’abbiano abolita i cristiani stessi, nel senso che non è più (se mai lo è stata) una pausa per dedicarsi con maggiore intensità, alla “vita interiore”, a Dio, alla preghiera… Certo, i cristiani vanno a messa: ma chi direbbe che le messe dominicali sono il “culmine e la sorgente” della vita cristiana? In genere sono una fredda esecuzione di gesti più o meno comprensibili: un borbottare monotono di parole, che con la nostra vita reale non c’entrano per niente. E un atteggiamento che ci avvicina a quello dei farisei, può essere il credere che noi facciamo “tutto” quello che Dio può pretendere da noi, perché andiamo a messa e partecipiamo ai pellegrinaggi, qualche volta facciamo l’elemosina e prima di mangiare facciamo il segno della croce. Come la vivo, io, la domenica? La messa, per me, è una festa che celebro con tanti fratelli, nella quale il Cristo ci libera, ci salva, ci affratella facendo di noi un popolo esultante, gioioso, liberato? Per me la messa è un’esperienza che mi appaga e mi dà tanta gioia? O mi annoia?
p style=“text-align: right;”A cura di Don Gian Franco Poli