mercoledì della XXVIII settimana del tempo ordinario
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo». Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo, tu offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!» (Lc 11, 42-26).
Continua il durissimo discorso iniziato nei versetti letti ieri. Luca fa pronunciare a Gesù sei “guai a voi”, dividendoli in due gruppi di tre: il primo gruppo è rivolto ai farisei, il secondo ai dottori della legge o scribi, dei quali i farisei erano i discepoli docili e obbedienti. Il primo “guai a voi” è di nuovo contro il formalismo: viene opposta la legge fondamentale dell’amore alla osservanza materiale delle prescrizioni. La seconda invettiva è contro l’ambizione delle autorità religiose che cercano gli onori non soltanto nella sinagoga, nell’esercizio delle loro funzioni religiose, ma anche nelle piazze dove in nulla si dovrebbero distinguere dagli altri. Il terzo “guai” usa una immagine stupenda per descrivere l’ipocrisia. La tomba era considerata principio di impurità rituale; spesso era occultata da sassi ed erbacce per cui l’ignaro viandante la calpestava restando ritualmente impuro: allo stesso modo, il semplice passare accanto a un fariseo fa contrarre l’impurità, tanto sono immersi nei vizi.
Un dottore della legge si sente offeso da queste parole: Gesù ne approfitta per criticare la casistica dei direttori spirituali del popolo, lanciando il primo “guai a voi” del secondo gruppo, quello appunto contro i dottori della legge. Le loro prescrizioni rendono intollerabile la vita religiosa. Essi, del resto, si dispensano dall’osservarle mentre impongono al popolo povero e ignorante dei pesi gravi. Il rischio che posso correre leggendo queste invettive di fuoco di Gesù, è quello di mettermi dall’altra parte, di credere di non essere come quelli, come i farisei e gli scribi, e quindi di non meritarmi simili rimproveri. Ma non fa mai male un po’ di esame di coscienza: è proprio tutto “autentico” nella mia vita di fede? Nessuna ombra di “tartufismo”?
p style=“text-align: right;”A cura di Don Gian Franco Poli