16 novembre 2024

sabato della XXXII settimana del tempo ordinario

Lc 18, 1-8

Luca inizia il cap. 18 con due parabole che trattano della preghiera. La seconda è quella ben nota del fariseo e del pubblicano. Quella di oggi concorda nel suo pensiero fondamentale con la parabola dell’amico importuno letta il 6 ottobre. A prima vista sembrerebbe che l’insegnamento fondamentale della parabola sia che i discepoli devono pregare sempre e non si debbono scoraggiare se l’esaudimento tarda a venire. Ma il senso vero della parabola è un altro. Per esprimerlo, Gesù presenta un caso preso dalla vita quotidiana: un giudice che non fa giustizia ad una vedova, caso assolutamente normale in oriente a quel tempo. Appena raccontata la parabola, Gesù la commenta e dal suo commento scaturisce che la figura principale della parabola non è la vedova con la sua insistenza, bensì il giudice, il cui comportamento serve per illustrare il comportamento di Dio. Quindi il punto culminante della parabola non sta nella ostinazione della preghiera, bensì nella certezza dell’esaudimento. Non ci viene insegnato come dobbiamo comportarci nella preghiera di petizione nei confronti di Dio: ci viene detto come Dio si comporta di fronte alle nostre preghiere. Se già un uomo così cattivo come quel giudice si lascia indurre per semplice egoismo dalla preghiera di una povera vedova ad aiutarla, quanto più Dio, padre benevolo, esaudirà le grida di implorazione dei suoi eletti! La frase “farà loro giustizia prontamente” non allude alla azione di Dio come giudice: significa soltanto che Dio esaudisce le preghiere dei suoi eletti. La domanda finale se il Figlio dell’uomo troverà la fede sulla terra, è del tutto estranea alla parabola e alla sua spiegazione. Può essermi capitato che, dopo aver pregato e pregato, non ha avuto risposta da Dio. Sono ugualmente convinto che Dio esaudisce chi lo prega? Oppure questa mi sembra una “pia esagerazione”?

P style=“text-align: right;”A cura di Don Gian Franco Poli