“Verranno giorni però in cui sarà tolto loro lo sposo, e allora digiuneranno”.
Collaudato mezzo di ascesi spirituale, il digiuno è il grido del corpo a Dio.Esso non è fine a se stesso e, per comprenderlo nel giusto modo, bisogna considerarlo nella sua unione con la preghiera.
Digiunare è pregare con il corpo e con l’anima. È un modo di esprimere che la nostra devozione mette in gioco anche la carne, proprio come la Parola assunse in Gesù la carne. La preghiera diventa carne, coinvolge anche il nostro corpo, quando si esprime nel digiuno. Allora la nostra relazione con Dio non resta solo nella testa, ma con il nostro corpo proviamo a Dio di tendere a lui, riconosciamo che senza di lui siamo vuoti, che abbiamo bisogno della sua grazia, e che la nostra fame,in definitiva, non può saziarsi di cibi terreni, ma soltanto di Dio stesso, d’ogni parola che esce dalla sua bocca.
Digiunando, dichiariamo insomma la nostra esistenza di creature che in Dio solo trovano il loro compimento, che non s’arrestano al dono, ma aspirano al Donatore stesso come termine del loro desiderio. (Anselm Grun, Digiunare, San Paolo, 2003).