venerdì della XXXII settimana del tempo ordinario
Lc 17, 26-37
Continua, dopo la lettura di ieri, il primo discorso “escatologico” [sulle “ultime cose” del mondo] di Luca, che ne proporrà un secondo, più solenne e più lungo, nel capitolo 21. All’inizio viene messo in evidenza il contrasto tra l’abbassamento e la debolezza nella sofferenza e la potenza e la gloria nella parusia. I due esempi del diluvio e della distruzione di Sodoma, poi, mettono in evidenza che la parusia sopravverrà per gli uomini completamente di sorpresa. L’accento non sta tanto sulla ignoranza circa il giorno del Figlio dell’Uomo, quanto sulla indifferenza della gente di fronte alla serietà della situazione. Esattamente come quei peccatori sorpresi dal castigo divino, anche la generazione che vivrà alla fine di questo nostro tempo si abbandonerà completamente alla sue occupazioni terrene e vivrà nella cecità dello spirito e nella frivolezza. Le parole su chi sarà sul tetto o nei campi, vogliono inculcare lo svincolamento da qualsiasi possesso terreno: la moglie di Lot, uscendo da Sodoma in fiamme, si volta indietro mostrando con ciò di avere il cuore ancora attaccato al possesso dei beni terreni: la sua morte è un esempio tremendo per tutti. Negli ultimi due esempi, due persone della stessa famiglia vengono strappate l’una dall’altra: la sentenza le colpisce a seconda delle loro qualità interiori che non appaiono all’esterno. La risposta di Gesù alla domanda dei discepoli, infine, significa, probabilmente che in qualunque luogo si troveranno degli uomini (un “corpo”) lì avrà luogo il giudizio: esso si abbatterà, per così dire, su di loro. Tutte queste cose non riguardano solo gli altri: riguardano anche me, personalmente. Ed è, come si dice, “un caso serio”!
P style=“text-align: right;”A cura di Don Gian Franco Poli