lunedì III settimana di Pasqua
Gv 6, 22-29
Il cristiano deve guardarsi dalla «tentazione» di passare dallo «stupore religioso dell’incontro con il Signore» al calcolo per approfittarne a fini di potere, cedendo così allo spirito di mondanità. La sua riflessione ha preso spunto dai testi proposti dalla liturgia. In particolare il passo evangelico di Giovanni (6, 22-29) che racconta come la folla, per interesse materiale, cercasse Gesù dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Il Vangelo, ha ricordato il Papa, «dice che, dopo il digiuno e le tentazioni nel deserto, Gesù era pieno della forza dello Spirito e incominciò a predicare». Così «si recò a Nazaret, dov’era cresciuto». E «lì annuncia la sua missione con quel brano del profeta Isaia: “Lo Spirito del Signore è sopra di me e mi ha consacrato con l’unzione per portare ai poveri il lieto annuncio, ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista, agli oppressi la libertà, e annunciare l’anno di grazia del Signore”».
Proprio «questo — ha affermato Francesco — era il suo programma, questa era la sua missione». Gesù conclude il suo discorso dicendo: «Oggi è stata compiuta questa scrittura». Dunque inizia la sua missione con l’annuncio. Poi «incomincia a fare i miracoli, i segni, le guarigioni: queste guarigioni che la gente guardava» e così «credeva in lui e portava gli ammalati». Ma «Gesù faceva questo perché era la sua missione». Quindi ecco «un altro passo, le catechesi di Gesù: insegnava al popolo con le beatitudini, tante parabole».
Dunque, ha fatto notare il Papa, «vediamo tre passi: l’annuncio della sua missione, il suo lavoro di portare la salute, il bene, la guarigione, e le catechesi». E «la gente lo seguiva e diceva: “Mai abbiamo sentito un uomo che parlasse così”». In pratica riconoscevano che parlava «come uno che ha autorità, quella forza dello Spirito che aveva Gesù».
Il Vangelo, ha proseguito Francesco, ci dice poi che «un giorno la gente segue Gesù e rimane tutta la giornata ascoltando le sue catechesi». Però egli «si accorse che erano affamati e tutti conosciamo com’è finita quella storia: c’erano cinque pani soltanto e Gesù moltiplica i pani e la gente si meraviglia». Dunque «i miracoli di Gesù, le sue parole, portavano la gente allo stupore», fino a farle dire: «Ma quest’uomo è il profeta, è l’uomo di Dio!».
Però, è la riflessione del Pontefice, quelle stesse persone, «dopo essere state sfamate, cominciano a sentire un’altra cosa». E cioè si dicono: «Approfittiamo di quest’uomo, approfittiamone bene, facciamolo re!». In pratica «dallo stupore religioso scivolano verso il potere». Ma «Gesù se ne va solo sul monte», ha ricordato il Papa riferendosi espressamente al Vangelo della liturgia. Dunque «questa gente lo cerca il giorno dopo e non lo trova, ma fa dei calcoli». E dice: «Non è salito sulla barca, ma c’è una sola barca qui, non capiamo bene». Alla fine «lo trova dall’altra parte del mare».
E quando vede tutta quella gente che accorre, «Gesù la riceve con tanta bontà». Gli domandando: «Rabbì, quando sei venuto qua?». E lui, sempre «con tanta bontà, risponde loro: “In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni — come a dire, non per lo stupore religioso che ti porta ad adorare Dio — ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”». In sostanza ha detto loro: «Voi mi cercate per interesse materiale». E così «corregge questo atteggiamento».
Un atteggiamento, però, che «si ripete nei Vangeli», ha notato Francesco. In «tanti seguono Gesù per interesse», persino «fra i suoi apostoli», come «i figli di Zebedeo che volevano essere primo ministro e l’altro ministro dell’economia: avere il potere».
Dunque, ha messo in guardia il Papa, «quella unzione di portare ai poveri il lieto annuncio, la liberazione ai prigionieri, la vista ai ciechi, la libertà agli oppressi e annunciare un anno di grazia, come diviene scura si perde e si trasforma in qualcosa di potere». E anche «il giorno dell’Ascensione succede lo stesso», quando gli apostoli domandano: «È questo il tempo in cui ricostruirai il regno di Israele?». Insomma, ha spiegato il Pontefice, «sempre c’è stata questa tentazione di passare da quello stupore religioso — quella è la parola — che Gesù ci dà nell’incontro con noi, ad approfittarne».
Del resto, «questa è stata anche la proposta del diavolo a Gesù nelle tentazioni: una sul pane, proprio; l’altra sullo spettacolo». E cioè: «Ma facciamo un bello spettacolo, così tutta la gente crederà in te!». E poi la terza tentazione, «l’apostasia: cioè, l’adorazione degli idoli». E «questa è una tentazione quotidiana dei cristiani, nostra, di tutti noi che siamo la Chiesa: la tentazione non del potere, della potenza dello Spirito, ma la tentazione del potere mondano». Così «si cade in quel tepore religioso al quale ti porta la mondanità, quel tepore che finisce quando cresce, cresce, cresce, in quell’atteggiamento che Gesù chiama ipocrisia». Tanto da dire ai discepoli: «Guardatevi dal lievito dei farisei, dei dottori della legge». Dunque «lievito, pane: guardatevi da quello, che è l’ipocrisia».
In tal modo, infatti, si finisce per diventare «cristiano di nome, di atteggiamento esterno, ma il cuore è nell’interesse». In proposito Francesco ha ripetuto le parole di Gesù alla folla che lo seguiva, riportate da Giovanni nel suo vangelo: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati». Proprio «questa è la nostra tentazione quotidiana: scivolare verso la mondanità, verso i poteri e così si indebolisce la fede, la missione. Si indebolisce la Chiesa».
Il Signore però, ha rassicurato il Papa, «ci sveglia con la testimonianza dei santi, con la testimonianza dei martiri che ogni giorno ci annunciano che andare sulla strada di Gesù è quella della sua missione: annunciare l’anno di grazia». Il Vangelo ci dice anche che «la gente capisce il rimprovero di Gesù» e per questo gli domanda: «Ma cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù risponde loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». Cioè «la fede in lui, soltanto in lui; la fiducia in lui e non nelle altre cose che ci porteranno, alla fine, lontano da lui».
Prima di proseguire la celebrazione, «con lui presente sull’altare», Francesco ha chiesto al Signore nella preghiera «che ci dia questa grazia dello stupore dell’incontro e anche ci aiuti a non cadere nello spirito di mondanità, cioè quello spirito che dietro o sotto una vernice di cristianesimo ci porterà a vivere come pagani».
(Francesca, Omelia Santa Marta, 20 aprile 2015)